Parco Archeologico Religioso CELio

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mercoledì, marzo 27, 2013

TESTI E MASSIME DI GREGORIO MAGNO PAPA

"Se colui che è capace di pascere le pecore di Dio rifiuta, mostra di non amare affatto il sommo Pastore (si is qui valet, omnipotentis Dei oves rennuit pascere, ostendit se pastorem summum minime amare). Se infatti l'Unigenito del Padre è uscito dall'intimità del Padre ed è venuto in mezzo a noi per l'utilità di tutti, che cosa gli diremo noi se preferiamo la nostra intimità al bene del prossimo (si secretum nostrum praeponimus utilitati proximorum)? La quiete, pertanto, dobbiamo cercarla, e di cuore, ma qualche volta va posposta per guadagnare la moltitudine (quies itaque nobis et ex corde appetenda est et tamen pro multorum lucro aliquando postponenda). Come dobbiamo con ogni desiderio rifuggire dalle cure (occupationem), così, se non c'è chi predichi, dobbiamo sottoporre volentieri le spalle al peso delle cure (si desit qui praedicet, occupationis onus libenti necesse est humero subire). Lo apprendiamo dalla condotta di due profeti: Geremia (Ger 1,6) e Isaia (Is 6,7)... Esteriormente dai due uscì un'espressione diversa, ma essa emanò da una non diversa fonte di amore (ab utrisque exterius diversa vox prodiit, sed non diverso fonte emanavit). Due appunto sono i precetti della carità: l'amore di Dio, sicuramente, e quello del prossimo. Isaia, cercando di giovare al prossimo con la vita attiva, desidera l'ufficio della predicazione (per activam igitur vitam prodesse proximis cupiens, officium praedicationis appetit); Geremia invece, volendo aderire assiduamente all'amore del Creatore con la vita contemplativa, resiste per non essere inviato a predicare (vero amori Conditoris sedule inhaerere desiderans, ne mitti ad praedicandum debeat, contradicit). Ciò che ha lodevolmente desiderato il primo lo ha altrettanto lodevolmente paventato l'altro (quod laudabiliter unus appetiit, hoc laudabiliter alter expavit): Geremia per non perdere il vantaggio della contemplazione predicando (ne tacitae contemplationis lucra, loquendo perderet); Isaia per non subire la perdita di una attività appassionata tacendo (ne damna studiosi operis, tacendo sentiret). Bisogna notare però che colui che rifiutò non fece resistenza ad oltranza; e colui che volle essere inviato si accorse di dover essere prima purificato lui col carbone ardente dell'altare. Perciò nessuno osi accedere ai sacri ministeri senza prima essere purificato e nessuno si opponga con orgoglio sotto l'apparenza dell'umiltà quando viene scelto dalla grazia divina (ne aut non purgatus adire quisque sacra ministeria audeat, aut quem superna gratia eligit sub humilitatis specie superbe contradicat)" (Lettere, VII, 5, Città Nuova Editrice, Roma 1996, p.411).

Sono stato sollecitato a inviare questo <post> proprio oggi, vigilia del Giovedì Santo cattolico, perché domani sarà anche il giorno dedicato al ministero presbiterale nella Chiesa. La mia intenzione è che vengano spazzate via: sia resistenze inappropriate da parte di coloro che si sentono chiamati al ministero sacerdotale; sia presunzioni altrettanto inappropriate da parte di chi ambisce allo stesso ministero senza prima essersi lasciato purificare corpo anima e spirito dal fuoco dello stesso altare al quale intende servire. Le mie citazioni latine, poste tra parentesi in neretto, non sono sfoggio erudito, ma tendono a far godere della bellezza, anche formale, dell'insegnamento di Gregorio Magno, coloro che possono leggerlo gustandone la sonorità e il ritmo!

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