"In modo più vero esponiamo le opere della potenza divina, allorché riconosciamo di non poterle spiegare; ne parliamo in modo più eloquente, allorché rimaniamo in silenzio stupiti di fronte ad esse. La nostra incapacità a narrare le opere di Dio è tale che la lingua è appena sufficiente a dichiarare che solo tacendo si può adeguatamente lodare quel che non si può comprendere" (Ad narranda quippe Dei opera habet defectus noster, quam sufficienter exserat linguam suam, ut quae comprehendere idonee non valet, haec idonee mutus laudet)".
Commento morale a Giobbe, II, IX, 19. Città Nuova Editrice/2, Roma 1994, p. 39.
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