"Giunge opportuna la voce divina: Non temere. Perché nella misura in cui noi conosciamo ciò che dobbiamo temere, con la sua grazia Dio ci ispira ciò che dobbiamo amare. Succede così che a poco a poco il nostro disprezzo si trasforma in timore e il timore in amore (quatenus et contemptus noster paulisper transeat in timorem, et timor transeat in caritatem). E così, se sprezzanti abbiamo resistito a Dio che ci cercava e per timore siamo fuggiti, ci uniamo a lui solo con l'amore (Ut quia quaerenti nos Deo per contemptum resistimus, per timorem fugimus, et contemptu quandoque et timore postposito, solo ei amore iungamur). Infatti, imparando piano piano a temerlo, cresciamo al punto da riuscire ad essere uniti a lui unicamente con la forza dell'amore (Paulisper enim etiam timere didicimus, eique vi solius dilectionis inhaeremus).
Commento morale a Giobbe, IV, XXII, 48. Città Nuova Editrice/3, Roma 1997, p.263.
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