@ - Prima di “Neirone in salute”, Rina Gardella doveva farsi tre chilometri a piedi per raggiungere Ognio. Nella frazione abitava l’unico medico della valle Fontanabuona, nel Genovese. Anche prima, non si incontrava anima viva per strada, «ma almeno c’erano i bambini in paese e Neirone era il triplo di oggi»; mentre lo ricorda, ti accorgi che sulle panchine del parco giochi ci cresce il muschio.
Ora la sanità di prossimità taglia i ricoveri© Fornito da Avvenire
Prima, del resto, proprio come oggi, le strade erano “sentieri” che via via si restringono di fronte all’auto, pedinate da strapiombi terribili sulla foresta dell’Appenino, appena punteggiata da pizzichi di case. Prima, molto prima di “Neirone in salute”, Rina non ricorreva tanto spesso al medico. Del resto, la sanità ce l’aveva in casa, perché la madre, ostetrica, aveva fatto nascere tutta la valle. «Non ho avuto bisogno di cure per tanti anni: bastava mangiar poco, alzarsi alle cinque per badare al bestiame e poi andar per castagne», rievoca con quei suoi occhi vispi che hanno visto 106 anni. Ne ha sedici meno Maria Teresa Rosasco che non smette di baciare le mani di Elisa Lagomarsino, l’infermiera di famiglia e comunità che per l’Asl 4 del Tigullio, insieme alle colleghe Patrizia e Ilaria, ogni giorno percorre questi tratturi che sembrano strade per raggiungere gli anziani della valle nelle loro case, affondate tra faggi e noccioli. “Neirone in salute” è il progetto dell’Asl per la sanità di prossimità e consiste nella presa in carico del paziente anziano a casa sua, lavorando sulla prevenzione e riducendo l’ospedalizzazione all’essenziale. Parliamo di 350 over 65 distribuiti sull’ampio territorio di questo piccolo borgo Ligure della Val Fontanabuona, alle spalle di Chiavari, assistiti da tre infermiere di famiglia e comunità (Ifec) che lavorano in rete con i sette medici di famiglia della valle, la farmacista, il parroco, l’assistente sociale, l’assistenza domiciliare integrata, la pro loco e naturalmente il sindaco. L’idea è di Paolo Petralia, direttore generale dell’azienda sanitaria, che applica la legge 33/23 al modello “Comunità in salute”. In due anni, si è investito pesantemente sul digitale e, per portare le cure nelle aree interne, su una piccola flotta di auto e camper superattrezzati. Questi ultimi, i “Gulliver”, sono figli del Covid: dopo averli utilizzati per vaccinare chi abitava in frazioni sperdute dell’entroterra ligure, non sono tornati in garage. Mentre, con un bando Formez, ci si preoccupava di formare 250 dipendenti dell’Asl sulla nuova assistenza agli anziani, così come la disegna la legge 33, e si creava la “nuvola” digitale che adesso permette una connessione globale - medici e infermieri dei diversi livelli di assistenza possono lavorare ad esempio sulla stessa cartella digitale del paziente -, con i soldi del Pnrr è stata creata la “flotta” che interpreta la sanità di prossimità, la quale in questo caso non si dispiega soltanto nelle case di comunità, ma entra letteralmente nelle case delle persone fragili.
«Nelle aree interne – spiega Petralia – sperimentiamo la nuova sanità territoriale, anche perché le condizioni sociali e orografiche sono particolari. Parliamo, innanzi tutto, dell’area più anziana d’Europa (con un indice di vecchiaia sopra il 250%), di una bassa densità di popolazione (meno di 150mila assistiti in tutta la Asl 4, il cui 30% vive nei 2/3 del territorio) che decuplica d’estate (tra i comuni dell’Asl 4 c’è Portofino)». L’azienda ha creato tre case di comunità sulla costa e vorrebbe testare e diffondere nell’entroterra il modello Neirone appena sarà collaudato. L’inaugurazione del centro operativo, una casetta ai margini del centro abitato, è fissata per martedì; il primo tagliando avverrà in autunno. «I nostri operatori fanno prevenzione e promozione della salute, attraverso piani individualizzati – spiega Petralia –, ma erogano anche numerosi servizi sanitari e sociosanitari: nei camper avviene il controllo della gravidanza, e si eseguono ecografie, vaccinazioni, esami diagnostici di vario genere e poi stiamo preparando il team per la salute mentale. Tutto questo, si badi bene, senza aggravio di spesa sanitaria, perché stiamo spostando servizi vicino al cittadino, non li duplichiamo. E intanto calano ricoveri e prestazioni non appropriate».
Questo lavoro, oltre a promuovere l’invecchiamento sano e attivo, porterà a una dettagliata analisi dei bisogni di salute di tutta la popolazione over 65 anni, che consentirà una migliore pianificazione dei servizi. Non funzionerà, se da parte dei cittadini non scatterà un atteggiamento protettivo, che permetta al team di specialisti dislocati sul territorio di lavorare in profondità sui problemi. «All’inizio, qualcuno è diffidente – spiega l’infermiera Elisa – ma quando coglie l’importanza del servizio lo accoglie con gioia». Il coordinatore degli Ifec, Marcello Menichini, aggiunge: «L’obiettivo è far restare il paziente a casa propria e per questo entriamo in punta di piedi e creiamo una relazione basata sull’empatia».
Come già nel progetto “Tigullio luogo di salute” e nel test in corso nella vicina Val di Vara, in “Neirone in salute” sono coinvolti tutti gli attori sociali e istituzionali: «Saremo il filtro tra le situazioni di necessità e il team, monitorando a distanza le situazioni di bisogno e anche quelle di solitudine» (Simona Figone, farmacista); «ogni anno vediamo sparire una parte del paese, per fermare l’esodo dall’Appennino servono questi servizi che ci fanno sentire meno soli e abbandonati: una popolazione anziana che non ha la patente e dispone di pochi mezzi pubblici, alla fine, evita di curarsi» (Maurizio Albareto presidente della Pro loco); «condivido l’idea che la cura vada condivisa, e poiché conosco tutti i parrocchiani collaborerò a mettere in rete le esigenze» (don Matteo Benetti, parroco); «il problema dell’entroterra è la distanza dai servizi dislocati nei nuclei più popolosi della costa, ma questo progetto permette di avvicinare i servizi sanitari agli abitanti del nostro borgo» (Stefano Sudermania, sindaco).
L’Asl 4 ha concepito questo progetto con la Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) e l’Università La Sapienza di Roma che, oltre alla validazione, proporrà modelli di adattabilità delle abitazioni degli anziani non autosufficienti che devono accogliere l’assistenza domiciliare e usufruire di dispositivi per il monitoraggio dei parametri vitali ed il supporto alle attività quotidiane. A Maria Teresa, in verità, non serve molto di più della visita di Elisa: «Da quando sono caduta a Lavagna non mi sento più sicura, meno male che viene lei ogni settimana. Che Dio la protegga». E se l’abbraccia forte.
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