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domenica, maggio 11, 2025

storia di Sant'Agostino e Canterbury

Sant'Agostino di Canterbury è una figura chiave nella storia del cristianesimo in Inghilterra. Nato a Roma nel 534, fu inviato nel 597 da Papa Gregorio I per evangelizzare l'Inghilterra. Arrivò nel Kent, dove il re Etelberto, sposato con la cristiana Berta, gli permise di predicare e fondare una comunità cristiana a Canterbury1.


Grazie alla sua missione, migliaia di persone, incluso il re, si convertirono al cristianesimo. Nel 601 ricevette il pallium, simbolo del potere arcivescovile, diventando il primo arcivescovo di Canterbury1. La sua eredità è celebrata ancora oggi, con la sua festa il 27 maggio.

Canterbury divenne un centro religioso fondamentale, ospitando l'Abbazia di Sant'Agostino, che fu un importante luogo di sepoltura per i re del Kent e gli arcivescovi.

Sant'Agostino di Canterbury è celebrato ogni anno il 27 maggio sia dalla Chiesa cattolica che da quella anglicana. La sua eredità è onorata attraverso messe, preghiere e commemorazioni in diverse comunità cristiane. A Roma, ad esempio, esiste la chiesa Nostra Signora del Suffragio e Sant'Agostino di Canterbury, che porta il suo nome.

In Inghilterra, la sua figura è ricordata in particolare a Canterbury, dove la sua missione ha avuto un impatto duraturo. L'Abbazia di Sant'Agostino, che ospita la sua tomba, è un luogo di pellegrinaggio e riflessione sulla sua opera evangelizzatrice.

Le celebrazioni di Sant'Agostino di Canterbury hanno un significato profondo per la Chiesa cattolica e anglicana. La sua festa, il 27 maggio, è un'occasione per riflettere sulla diffusione del cristianesimo in Inghilterra e sull'importanza della missione evangelizzatrice.

Questa festa è anche un momento per ispirare i fedeli a seguire il suo esempio di dialogo interreligioso e dedizione alla fede.

Come si confronta Sant'Agostino con altri santi inglesi?

Sant'Agostino di Canterbury è spesso paragonato ad altri grandi santi inglesi, come San Beda il Venerabile e San Tommaso Becket, per il suo impatto sulla cristianizzazione dell'Inghilterra.

Sant'Agostino di Canterbury (†605) fu il primo arcivescovo di Canterbury e il principale evangelizzatore dell'Inghilterra anglosassone. La sua missione, inviata da Papa Gregorio Magno, portò alla conversione del re Etelberto del Kent, stabilendo Canterbury come centro religioso.

San Beda il Venerabile (†735) fu un monaco e storico che documentò la storia della Chiesa inglese. La sua opera, Historia ecclesiastica gentis Anglorum, è una delle fonti principali sulla cristianizzazione dell'Inghilterra.

San Tommaso Becket (†1170), arcivescovo di Canterbury, è noto per il suo conflitto con il re Enrico II sulla libertà della Chiesa. Fu assassinato nella cattedrale di Canterbury e divenne un martire venerato.

Sant'Agostino è considerato "Apostolo d'Inghilterra", mentre Beda è il cronista della fede e Becket il difensore dell'indipendenza ecclesiastica.

venerdì, maggio 09, 2025

L'ultima intervista del cardinale Prevost su Francesco

@ - Riproponiamo quanto detto dall'allora cardinale Robert Prevost in occasione della morte di Papa Francesco che aveva conosciuto quando era arcivescovo di Buenos Aires

Il cardinale Robert Prevost con Papa Francesco

La coerenza, l’autenticità, il desiderio di vivere il Vangelo e quella particolare vicinanza verso i poveri e quelli che soffrono. E poi l’amore per la Chiesa, quel voler “dare tutto per servirla” e “il suo senso della responsabilità”. Della personalità di Papa Francesco sono questi tratti che hanno sempre colpito il cardinale Robert Prevost, oggi eletto 267.mo Vescovo di Roma con il nome di Leone XIV. Ai media vaticani il religioso agostiniano confida di averlo sempre apprezzato per il suo “autentico cuore cristiano”, la sua “generosità”, la sua “carità” e il “desiderio di vivere tale dimensione del Vangelo fino a questi ultimi giorni”.

Gli incontri in Argentina
Commosso, il porporato condivide il suo ricordo personale del Pontefice. Racconta di aver conosciuto Jorge Mario Bergoglio quando era arcivescovo di Buenos Aires, descrive alcuni aspetti del suo carattere, enumera aneddoti. “Ho sempre avuto l'impressione di un uomo che voleva vivere autenticamente, con coerenza, il Vangelo”, dice. “Ai tempi in cui ero priore generale degli agostiniani, varie volte, durante le visite ai miei confratelli in Argentina, quando era ancora cardinale, ho avuto l’opportunità di incontrarlo e di parlare con lui, in maniera informale e su questioni più istituzionali”. Eletto Papa, Francesco ha celebrato la sua prima Messa pubblica, il 13 marzo 2013, nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, affidata alla cura pastorale dei religiosi agostiniani, e in quell’occasione Prevost lo ha rincontrato. “Mi chiedevo se si fosse ricordato di me e quando è arrivato ed è entrato in sacrestia, vedendomi, mi ha subito riconosciuto e abbiamo cominciato a parlare”. Un dialogo, quello con l’allora priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino, che è proseguito. “Finendo il mio mandato, in quello stesso anno, abbiamo pensato di invitare il Santo Padre a presiedere, il 28 agosto, la Messa di apertura del Capitolo Generale” nella basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio, a Roma. Bergoglio, “con grande sorpresa di tutti”, ha accettato con piacere. Quella chiesa la conosceva bene, perché quando veniva nella capitale, da cardinale, soggiornava sempre lì vicino, alla Casa del Clero, in via della Scrofa, e andava a pregare alla tomba di Santa Monica che vi è custodita.

La preoccupazione del Papa per la gente del Perù
Poco più di un anno dopo, il 3 novembre 2014, Francesco nomina Prevost amministratore apostolico della diocesi di Chiclayo, in Perù, e in seguito vescovo. Come pastore di quel piccolo gregge della regione di Lambayeque, il religioso agostiniano incontra ancora il Papa, che ha manifestato sempre la sua preoccupazione per quella gente. “Mi chiedeva: ‘Come stai? Come vanno le cose?’”.Ha dato tante cose alla Chiesa - aggiunge il cardinale - i suoi gesti di vicinanza parlano con tanta eloquenza”. Prevost rievoca anche la visita apostolica di Francesco in Perù, nel 2018, e quella donna di 99 anni, cieca, della sua diocesi, venuta a Trujillo perché desiderava un contatto con il Pontefice. “Lui è sceso dalla macchina, le si è avvicinato a e l'ha salutata. Ci ha lasciato tanti esempi di questo tipo; nella sua bellissima umanità, ha voluto vivere il Vangelo e trasmettere il Vangelo”, osserva il porporato. Di Bergoglio evidenzia anche la gioia, quella stessa che traspare nella Esortazione Apostolica Evangelii gaudiumsull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale”, “che ci fa ricordare quello che dice il Vangelo, e che ripetiamo in questo tempo di Pasqua: vivere la gioia del Vangelo, della fede, riconoscere Gesù Cristo”.

Vicino agli ultimi
Il pensiero del cardinale Prevost va anche al primo viaggio apostolico di Papa Francesco, a Lampedusa, alla “vicinanza ai migranti, fino a questi ultimi mesi, anche quando ha scritto”, nel febbraio scorso, quella lettera ai vescovi degli Stati Unitisull’importanza di essere vicini a quanti soffrono e di avere il cuore di Gesù Cristo”, quando è stato attuato il programma di deportazione di massa di immigrati e rifugiati clandestini. Il porporato menziona, poi l’ultima visita del Papa al Regina Coeli, nel Giovedì Santo, un gesto che “parla tantissimo: il suo voler andare, nonostante i tanti problemi di salute, le difficoltà che aveva, per fare come tutti gli anni, per celebrare questo giorno tanto importante nella vita della Chiesa con i carcerati, e comunicare, così, questa vicinanza, questo amore che Gesù ha lasciato a tutti noi”.

Un appuntamento settimanale
Con Papa Francesco, poi, Prevost, in qualità di prefetto del Dicastero per i Vescovi, da due anni aveva un appuntamento fisso, ogni sabato mattina. “Fino alla fine, ha voluto dare tutto al suo ministero, al lavoro, al servizio nella Chiesa”, continua il cardinale parlando dell’incontro settimanale con il Pontefice. “All'inizio era alle 8 del mattino. Ma qualche volta arrivavo alle 7.30 e lui era già ad aspettarmi, così ho cominciato ad andare un po’ più presto e talvolta lui anticipava”. Si affrontavano argomenti importanti, ma Francesco aggiungeva spesso una raccomandazione: “Mi diceva, fra le altre cose, alla fine dell'udienza: “Non perdere il senso dell’umorismo, bisogna sorridere”. Prevost richiama la preghiera di San Tommaso Moro, più volte citata dal Papa per esortare ad andare avanti nelle “cose di grande responsabilità, con grande fiducia nella grazia del Signore”. Francesco non si risparmiava “nel servire la Chiesa”, prosegue Prevost, specificando che il Pontefice era sempre “molto bene informato delle cose”. “Tante volte, prima che arrivassi, lui aveva studiato le questioni, sapeva quali decisioni voleva prendere. Seguiva veramente non solo il lavoro del Dicastero per i Vescovi, ma anche - so per conversazioni con diversi prefetti - degli altri dicasteri”. Amava tanto la Chiesa e “portare avanti quello che lui aveva capito, era parte della sua missione. Era instancabile, anche in queste ultime settimane, dopo il ricovero. Quando è tornato a Santa Marta, abbiamo avuto qualche incontro, e in quelle occasioni ho potuto constatare quanto fosse coraggioso; dava tutto sé stesso per servire la Chiesa”.

Ecclesia semper reformanda est
Nel suo pontificato “ha trasmesso a tutti noi questo spirito di voler continuare quello che è cominciato con il Concilio Vaticano II, la necessità di rinnovare sempre la Chiesa, semper reformanda est”, riflette ancora il cardinale agostiniano, che rammenta le risposte date da Bergoglio in una intervista a proposito della grande assise voluta da Giovanni XXIII. “‘C’è ancora tanto da fare, bisogna continuare. “Uno spirito, un atteggiamento fondamentale per tutti noi - afferma Prevost -. Non possiamo fermarci, non possiamo tornare indietro. Bisogna vedere come Spirito Santo vuole che la Chiesa sia oggi e domani, perché il mondo di oggi, nel quale vive la Chiesa, non è uguale a quello di dieci o venti anni fa - considera il porporato -. Quindi, il messaggio è sempre lo stesso: proclamare Gesù Cristo, proclamare il Vangelo, ma diversa è la maniera di arrivare alla gente di oggi, ai giovani, ai poveri, ai politici”. Prevost rimarca che il Papa ha lasciato un forte messaggio alle autorità del mondo ed è necessario andare “avanti”.

Una Chiesa povera che cammina con i poveri
Fra gli insegnamenti che Francesco ha lasciato, occorre fare, soprattutto, tesoro “dell'amore per i poveri”, rileva, poi, il cardinale, quel suo volere “una Chiesa povera, che cammina con i poveri, che serve i poveri”. “Io penso che il messaggio del Vangelo si capisce molto meglio dall’esperienza dei poveri, che non hanno niente - riflette ancora il porporato - che cercano di vivere la fede e trovano in Gesù Cristo tutto. Ritengo che in questo senso il Papa ha lasciato un esempio molto grande per il mondo. A me, personalmente, lo ha lasciato, per il mio lavoro come vescovo in Perù, come missionario, e per tante altre cose”.

Riflessione e gratitudine
Ma come raccogliere l'eredità di Papa Francesco? “Difficile rispondere” a poche ore dalla morte del Pontefice riconosce obiettivamente Prevost. “Personalmente ritengo che questo periodo di perdita, di tristezza, va vissuto, prima di tutto, in silenzio, con profonda riflessione, gratitudine. Io, almeno, avrò bisogno di molto tempo per apprezzare, per comprendere veramente, ciò che il Papa ha lasciato a me, alla Chiesa e al mondo” conclude il prefetto del Dicastero per i Vescovi. Per il cardinale Prevost occorre “vivere questo momento, come il Sabato Santo, anche se abbiamo già celebrato la Resurrezione di Cristo”, vivere questo grande mistero che è la vita come Papa Francesco ha voluto insegnarci.

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martedì, aprile 22, 2025

Pace, riarmo, Palestina, persino l'amnistia. Gara ad accaparrarsi l'eredità di Francesco /... Colui che dopo Papa Gregorio MAGNO ha messo le basi per UN NUOVO MILLENNIO di "RINASCITA"

@ - Morto un Papa se ne commemora un altro, non tanto quello che era (il capo dei cattolici) ma quello che portava acqua alle più varie battaglie: che sono, data l'onniscienza papale, praticamente tutte.


Era anche un leader morale e sociale il cui operato ha avuto un impatto su temi di giustizia e solidarietà, certo, ovvio, un leader che ha trasceso i confini religiosi e ha influenzato il dibattito anche laico: ergo, nella sua asciuttezza, è normale questa uscita della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen: «Ha ispirato milioni di persone, ben oltre la Chiesa cattolica». Sintetica. Ci sta. Nella sua genericità ci sta pure questa dichiarazione di un musulmano come Abdel Fattah al-Sisi, presidente dell'Egitto: «Era una voce di pace, amore e compassione». Poi, però, si passa alle cose di casa nostra, e tra una scontatezza e l'altra c'è anche da divertirsi: si fa per dire. Ma c'è gente che ha fatto l'epitaffio di Papa Francesco come se fosse stato un militante con la tessera in tasca, e per vincere facile si comincia col grillino itinerante Alessandro Di Battista, che su Facebook l'ha messa così: chi pure consacrerà Francesco saranno «gli stessi che l'hanno del tutto ignorato, considerato pari a zero quando ha osato scagliarsi contro l'industria delle armi, quando ha rotto il velo dell'ipocrisia parlando della genesi della guerra in Ucraina e delle responsabilità della Nato e quando ha urlato la sua indignazione per il genocidio in corso in Palestina». Sì, e allora? Sarebbe come dire che ora Di Battista consacra il capo di una monarchia che discriminava le donne: un Papa può essere moltissime cose, ascoltare un suo messaggio non significa non recepirlo o doverlo condividere in toto, lasciandosi folgorare. Ma Di Battista è tranchant: «Quelli che ora lo incensano, da Meloni a Tajani, l'hanno ignorato quando ha denunciato l'orrore in corso a poche centinaia di km di distanza da Roma. Ipocriti, mercanti del tempio! Francesco è stato un uomo di pace». Il che però non significa che srotolasse striscioni con la tiktoker Rita De Crescenzo, come invece sembra dire Di Battista, e non da solo. E d'accordo, poi, che il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte è un cattolico: ma anche lui ha messo subito in primo piano l'espressione chiave del suo core-businnes: «Le sue ostinate parole di pace, dialogo e solidarietà sono e resteranno una guida». Pace. La pace. Riposi in pace. L'ha detto anche il segretario di Alleanza Verdi e Sinistra, Nicola Fratoianni, un superlaico: Papa Francesco era «uomo di pace e di giustizia. Non ha mai smesso di ricordarci quanto sia preziosa la pace e quanto sia importante salvare il pianeta dalla devastazione ambientale». Ah già, l'ambiente. L'ha detto anche Elly Schlein, segretaria del Partito democratico: «Il Papa che ha lottato per la giustizia sociale e la tutela del nostro pianeta. Il suo messaggio potente di pace, fraternità e solidarietà rimarrà un segno indelebile». Pace. Solidarietà. Il Pianeta. E liberazione dei detenuti: «Tanti sono stati gli appelli di Papa Francesco, ribadito da ultimo anche in occasione dello scorso venerdì Santo, per atti di clemenza e di amnistia», ha osservato il radicale Maurizio Turco, che ha ricordato anche «la consuetudine del Regno Pontificio e dello Stato italiano, fino almeno a dopo la morte di Papa Paolo VI, di concedere amnistia almeno a ogni morte di papa».

A ogni morte di papa: come dargli torto? E come dar torto alla Cgil e al suo segretario Maurizio Landini, che ha citato la sua «vicinanza alle persone più in difficoltà, di chi per vivere ha bisogno di lavorare»? Persino Gianfranco Pagliarulo dell'Anpi ha ritenuto di non farci mancare la sua voce: «Ci ha lasciato con le sue parole di ieri, evocando la pace e condannando il riarmo». Pace. Ambiente. Lavoro. Amnistia. Senza contare che Francesco era un assiduo consumatore di gelato, in particolare del gusto dulce de leche: nessuna associazione di categoria ha però fatto dichiarazioni.