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domenica, ottobre 06, 2024

I nuovi cardinali annunciati dal Papa, tra i quattro italiani anche il siciliano monsignore Reina

@ - Tra i 21 nuovi cardinali annunciati oggi da Papa Francesco ci sono anche quattro italiani e uno siciliano originario di San Giovanni Gemini.

I nuovi cardinali annunciati dal Papa, tra i quattro italiani anche il siciliano monsignore Reina
Si tratta di monsignore Baldassarre Reina. Già vescovo ausiliare di Roma, già ViceGerente e, da oggi, Vicario Generale per la diocesi di Roma. È nato il 26 novembre 1970 a San Giovanni Gemini, in provincia ed arcidiocesi di Agrigento. 
È entrato nel seminario Arcivescovile nel 1981. Nel 1995 ha conseguito il Baccalaureato in Sacra Teologia e nel 1998 la Licenza in Teologia Biblica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. È stato ordinato presbitero l’8 settembre 1995. Dal 1998 al 2001 è stato assistente diocesano di Azione Cattolica e vicerettore del seminario arcivescovile di Agrigento. Dal 2001 al 2003 è stato parroco della Beata Maria Vergine dell’Itria di Favara. Dal 2003 al 2009 è stato Prefetto degli studi dello Studio Teologico San Gregorio Agrigentino e dal 2009 al 2013 Parroco di S. Leone ad Agrigento. Dal 2013 al 2022 è stato Rettore del Seminario Maggiore di Agrigento. Ha svolto inoltre i seguenti incarichi in Diocesi: Docente di Sacra Scrittura presso l’Istituto di Scienze Religiose; Docente stabile presso lo Studio Teologico San Gregorio Agrigentino; direttore dell’Ufficio Cultura; Canonico del Capitolo Cattedrale; membro del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Consultori. Il 27 maggio 2022, è stato nominato vescovo ausiliare di Roma. Il 6 gennaio 2023, il Papa l’ha nominato Vicegerente della Diocesi di Roma.

Angelo Acerbi. È nato il 23 settembre 1925 a Sesta Godano ed è stato ordinato presbitero il 27 marzo 1948 per l’allora Diocesi di Pontremoli. Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1956, ha prestato il proprio servizio nelle rappresentanze pontificie in Colombia, Brasile, Francia, Giappone e Portogallo, nonché nel Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa della Segreteria di Stato. San Paolo VI, il 22 giugno 1974, lo ha nominato Pro-Nunzio Apostolico in Nuova Zelanda e Delegato Apostolico nell’Oceano Pacifico; lo stesso Pontefice, il 30 giugno successivo, gli ha conferito l’Ordinazione episcopale nella Basilica Papale di San Pietro in Vaticano. San Giovanni Paolo II, poi, lo ha inviato come Nunzio in Colombia - dove, assieme ad altri diplomatici, fu ostaggio per sei settimane dai guerriglieri del Movimento 19 de Abril - e, successivamente, in Ungheria e Moldavia e nei Paesi Bassi. Dal 2001 al 2015 ha ricoperto l’Ufficio di Prelato del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta.

Monsignore Roberto Repole. È nato a Torino il 29 gennaio 1967. Entrato in seminario all’età di undici anni, ha compiuto gli studi superiori presso il Seminario minore, conseguendo la maturità classica presso il Liceo salesiano Valsalice di Torino nel 1986. Ha studiato filosofia e teologia nel Seminario arcivescovile di Torino e ha ricevuto l’ordinazione presbiterale il 13 giugno 1992. Dal 1992 al 1996 è stato Vicario parrocchiale presso la parrocchia di Gesù Redentore e collaboratore della parrocchia Ss. Nome di Maria in Torino. Ha proseguito gli studi di Teologia sistematica presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma, conseguendo la licenza nel 1998 e il dottorato nel 2001. Dal 2001 ha insegnato Teologia sistematica presso la sede parallela di Torino della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose della stessa città. Canonico della Real chiesa di San Lorenzo a Torino dal 2010, è stato presidente dell’Associazione Teologica Italiana dal 2011 al 2019; preside della sezione di Torino della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale e collaboratore della parrocchia Santa Maria della Stella a Druento. Il 19 febbraio 2022 papa Francesco lo ha nominato arcivescovo metropolita di Torino e vescovo di Susa, unendo così in persona episcopi le due sedi. Il 7 maggio 2022 ha ricevuto l’ordinazione episcopale. In settembre 2022, il Consiglio Episcopale Permanente della Cei lo ha nominato membro della Commissione episcopale per l’Educazione cattolica, la Scuola e l’Università. In ottobre 2022 ad Aosta i vescovi di Piemonte e Valle d’Aosta lo hanno eletto vicepresidente della Conferenza piscopale di Piemonte e Valle d’Aosta.

Fabio Baggio. È nato a Bassano del Grappa nel 1965 e, nel 1976, ha fatto il suo ingresso nel Seminario Scalabrini-Tirondola dei Missionari di San Carlo, emettendo la professione perpetua nel 1991. L’anno successivo è stato ordinato sacerdote. Nel 1998 ha conseguito il dottorato in Storia della Chiesa presso la Pontifica Università Gregoriana in Roma. Dal 1995 al 1997, a Santiago del Cile, oltre ad esercitare il ministero pastorale, ha svolto l’incarico di Consigliere della Commissione Episcopale per le Migrazioni del Cile. In seguito, fino al 2002, è stato Direttore del Dipartimento per la Migrazione dell’arcidiocesi di Buenos Aires, ricoprendo inoltre, nel 1999, il ruolo di Segretario Nazionale dell’Opera della Propagazione della Fede, Opere Missionarie Pontificie Argentina. Il 14 dicembre 2016 è stato nominato Sotto-Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Il 23 aprile 2022, il Papa l’ha confermato come Sotto-Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale anche con la responsabilità della Sezione Migranti e Rifugiati e dei Progetti speciali.

«La Chiesa e noi, una promessa non mantenuta»

@ - L’idea di scrivere ai padri sinodali è il frutto di un lungo ascolto dei giovani: del loro senso di estraneità a una Chiesa respinta e desiderata, rifiutata e amata. Il Sinodo è un’occasione preziosa di rinnovamento della Chiesa, quello che i giovani chiamerebbero ringiovanimento.

«La Chiesa e noi, una promessa non mantenuta»© Fornito da Avvenire

Le lettere – questa e quelle che appariranno su Avvenire nelle prossime settimane – riprendono i desideri, le provocazioni, i sogni e le attese che hanno espresso nella recente ricerca dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, dalla quale è nata anche la serie di articoli su Avvenire poi raccolti nel libro “Dio, dove sei? Giovani in ricerca” (Vita & Pensiero). Consapevoli che nelle opinioni dei giovani si nascondono anche quelle di molti adulti, vengono offerte queste lettere alla Chiesa tutta ma in particolar modo ai padri sinodali perché li accompagnino nelle loro riflessioni e nelle loro decisioni. Ho semplicemente prestato la penna alle voci dei giovani. (P.B.)

Le attese delle nuove generazioni verso la Chiesa, la delusione che spinge a lasciare. Ma c’è un affetto che rimane Cari Padri sinodali, oggi ha inizio il Sinodo. C’è da chiedersi quanti tra i giovani che in questi giorni stanno vivendo le prime settimane di scuola o di università se ne accorgeranno. E ancor meno se ne accorgeranno quelli che sono alle prese con il lavoro – quello che c’è e quello che non c’è – o con i vari problemi e interrogativi della vita. Vivono, viviamo, in un altro mondo. La maggior parte dei nostri amici pensa che la Chiesa sia vecchia: vecchio il suo linguaggio, il suo stile nelle relazioni, la sua visione della vita. Non pensiate che questo sia disprezzo: è il nostro modo di voler bene alla Chiesa, da cui molti di noi si sono allontanati quasi per un amore tradito.

La maggior parte della nostra generazione ha frequentato oratorio e parrocchia; sono stati anni belli nei quali abbiamo apprezzato uno stare con gli amici sereno e leggero, fatto salvo il peso di quell’ora di catechismo o di Messa domenicale, in cui alla spensieratezza dello stare insieme si sostituiva la noia di un’esperienza che non ci toccava. Siamo riconoscenti per quegli anni, che oggi ci appaiono però una promessa non mantenuta. Quando siamo cresciuti non siete più riusciti a parlare con noi, ad ascoltare le nostre domande, ad accogliere le nostre inquietudini. Vi è bastato accompagnarci ai primi sacramenti? Non avete pensato che il più doveva ancora venire? Ci avete lasciati soli ad affrontare una vita con cui i vostri insegnamenti non riuscivano ad entrare in dialogo. Sappiamo che voi avreste voluto che noi continuassimo a frequentare la comunità cristiana, ma ci eravate diventati estranei. Il vostro modo di pensare la vita era quello dei nostri nonni! In questa Chiesa non ci sentiamo a casa. D’altra parte anche voi ci avete esclusi. Quanti giovani partecipano alla vostra assemblea? Possiamo immaginare la vostra risposta: il Sinodo è dei vescovi, le questioni all’ordine del giorno riguardano l’assetto interno della Chiesa... Pensate che noi non avremmo qualcosa da dire? Noi che abbiamo sperimentato nella comunità cristiana relazioni poco coinvolgenti, per niente corresponsabili, poco dialogiche e poco inclusive; che abbiamo visto quanto facilmente l’autorità diventa potere che umilia. Papa Francesco spinge la Chiesa a uscire. Noi siamo usciti, eppure nessuno è venuto a cercarci; né a chiederci perché ce ne siamo andati. Se continuerete a costruire una Chiesa senza di noi, sarà sulla misura della vostra sensibilità di adulti, o di anziani, sarà sempre meno anche nostra, e noi ci sentiremo sempre più estranei e, alla lunga, stranieri.

Il Sinodo sui giovani aveva acceso in noi molte speranze, papa Francesco aveva voluto ascoltarci. Ma poi c’è stato un equivoco: noi non volevamo qualche iniziativa in più per noi, volevamo una Chiesa diversa. E invece è rimasta la stessa: anzi, un po’ più triste, un po’ più disorientata, sempre più lontana. Continuiamo a vedere una Chiesa ripiegata su sé stessa e sui suoi problemi, mentre dentro di noi e attorno a noi preme una domanda di vita, di senso, di futuro. Vi avevamo detto all’inizio di questa lettera che il nostro andarcene era un atto di amore. Inspiegabile? Speriamo che la nostra presa di distanza sia un modo, forse ruvido e troppo deciso, per segnalare una situazione di crisi non più rinviabile, come anche papa Francesco ha dichiarato nel suo viaggio in Belgio. E che questa consapevolezza vi dia l’audacia e la creatività di decisioni in grado di ringiovanire questa Chiesa che anche noi amiamo. Per questo preghiamo lo Spirito, nel quale continuiamo a credere; e vi auguriamo buon lavoro!

mercoledì, settembre 25, 2024

Papa Francesco: "Si nega esistenza del diavolo, ma il nostro mondo pullula di maghi e occultismo"

@ - All'udienza di oggi: "E se sei superstizioso, stai dialogando col diavolo". Il monito: "La tecnologia moderna dà occasioni al diavolo. Qualsiasi telefonino dà accesso alla brutalità della pedopornografia"

Papa Francesco durante l'udienza generale del mercoledì 
25 settembre 2024

"Oggi assistiamo a uno strano fenomeno riguardo al demonio. A un certo livello culturale, si ritiene che semplicemente non esista. Sarebbe un simbolo dell'inconscio collettivo, o dell'alienazione, insomma una metafora. Ma la più grande astuzia del demonio è ‘far credere che non esiste’, come ha scritto qualcuno. E così lui domina tutto". Lo ha detto Papa Francesco all'udienza di oggi.

Il Pontefice è arrivato ai suoi fedeli visibilmente ancora sotto gli effetti dell'influenza che, solo pochi giorni fa, lo ha costretto ad annullare gli incontri della giornata per poter poi, con le forze, affrontare l'imminente viaggio in Belgio e Lussemburgo.

"Eppure il nostro mondo tecnologico e secolarizzato pullula di maghi, di occultismo, spiritismo, astrologi, venditori di fatture e di amuleti, e purtroppo di sette sataniche vere e proprie", ha aggiunto.

"Scacciato dalla porta, il diavolo è rientrato, si direbbe, dalla finestra. Scacciato dalla fede, rientra con la superstizione. E se sei superstizioso, stai dialogando col diavolo. Con lui non si dialoga. La prova più forte dell'esistenza di satana non si ha nei peccatori o negli ossessi, ma nei santi!'', ha ammonito Bergoglio.

Dopo che Cristo, sulla croce, ha sconfitto per sempre il potere del principe di questo mondo, il demonio - diceva un Padre della Chiesa - "è legato, come un cane alla catena; non può mordere nessuno, se non chi, sfidando il pericolo, gli va vicino... Può latrare, può sollecitare, ma non può mordere, se non chi lo vuole", ha soggiunto il Pontefice.

"Gesù non dialoga con il diavolo, lo condanna o lo caccia via. Mai dialogare con il diavolo, ma cacciarlo. Non si dialoga con il diavolo, lo si tiene a distanza. Non avvicinarsi al cane legato con una catena".

I rischi a cui ci espone la tecnologia moderna
"La tecnologia moderna, oltre a tante risorse positive che vanno apprezzate, offre anche innumerevoli mezzi per dare occasione al diavolo. E molti vi cadono", ha proseguito Bergoglio.

"Pensiamo alla pornografia in rete, dietro la quale c'è un mercato fiorentissimo: è questo un fenomeno assai diffuso, da cui i cristiani devono però ben guardarsi e che devono rigettare con forza", ha detto ancora.

"Qualsiasi telefonino ha accesso a questa brutalità, a questo linguaggio del demonio", ha aggiunto a braccio nel corso della catechesi in occasione dell'Udienza generale in Piazza San Pietro.


Quello che sta accadendo in Libano è inaccettabile” ha detto infine Bergoglio al termine dell'udienza di oggi. "Sono addolorato dalle notizie che giungono dal Libano, dove negli ultimi giorni intensi bombardamenti hanno provocato molte vittime e distruzioni. Auspico che la comunità internazionale compia ogni sforzo per fermare la terribile escalation. E' inaccettabile", sono state le parole del Papa.

Esprimo la mia vicinanza al popolo libanese che già troppo ha sofferto nel recente passato e preghiamo per tutti i popoli che soffrono a causa della guerra: la martoriata Ucraina, Palestina, Israele, Sudan, Myanmar”.

Oggi Francesco si è dichiarato anche "addolorato per la perdita di vite causata dalla recente esplosione in una miniera di carbone a Tabas", in Iran: è quanto si legge in un telegramma di cordoglio per la tragedia, a firma del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin. Il Papa assicura le sue preghiere per le vittime e la sua vicinanza spirituale ai feriti.

lunedì, settembre 16, 2024

Abusi, dalla Francia l'appello al Vaticano: «Aprite gli archivi: possibile che i Papi non sapevano dei crimini dell'Abbè Pierre?»

@ - Man mano che dal passato torbido dell'Abbè Pierre escono particolari scabrosi e rivelazioni di sistematiche violenze nei confronti di donne e adolescenti spesso indigenti e inserite nei programmi di aiuti umanitari che gestiva il religioso francese - si amplifica una sola domanda: è credibile che in Vaticano non si avesse mai avuto sentore di quello che stava accadendo tra le strutture caritative francesi fondate dal monaco più amato e famoso di Francia, un uomo considerato l'icona rappresentativa del cattolicesimo impegnato?

Abusi, dalla Francia l'appello al Vaticano: «Aprite gli archivi: possibile che i Papi non sapevano dei crimini dell'Abbè Pierre?»© Ap

Ciò che sta affiorando è un quadro complesso e ancora da decifrare. Probabilmente la punta di un iceberg. In ogni caso talmente esplosivo da assestare un ulteriore colpo all'immagine della Chiesa, rendendola ancora meno credibile nella sua lotta contro gli abusi.

Il caso del popolarissimo Abbè Pierre - ex partigiano e politico, morto in odore di santità nel 2007 all'età di 94 anni - traccia una linea di demarcazione. Sul quotidiano Le Monde il presidente della Conferenza episcopale, Eric de Moulins Beaufort ha confermato che “almeno qualche vescovo» era al corrente «fin dal 1955-1957» del «grave comportamento dell'Abbé Pierre verso le donne». Aggiungendo che fu suggerita una cura psichiatrica che però non deve avere fatto grande effetto poiché diversi casi si configurarono come stupri veri e propri. In ogni caso negli ambienti delle comunità di Emmaus era notorio da decenni l'Abbé Pierre doveva essere sorvegliato perché considerato pericoloso per le donne che si avvicinavano a lui. In Vaticano però non si sono mai aperti processi nei suoi confronti, né mai sono state prese misure drastiche confermando la tendenza ad essere indulgenti con i preti abusatori per non creare scandali e minare l'istituzione ecclesiastica.

In questi vent'anni troppi casi hanno confermato questo modus operandi teso a coprire gli abusatori pur di proteggere il buon nome della Chiesa. Un po' come accadde con la demoniaca vicenda di padre Maciel Marcial Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, morto nel 2008 nonostante oltre cento minori abusati, e senza che sia mai stato ridotto allo stato laicale da nessun pontefice. Eppure i suoi crimini erano ben conosciuti già ai tempi di Pio XII, come è affiorato chiaramente dai documenti disponibili agli storici e conservati negli archivi vaticani.

La domanda se il Vaticano (e i Papi) sapevano dei crimini dell'Abbè Pierre è stata girata a Papa Francesco e sul volo di ritorno dal suo viaggio in Asia ha risposto dicendo che si tratta certamente di un “punto dolente e molto delicato” riguardante una persona che ha fatto tanto bene ma che si è rivelata un peccatore brutto. Di seguito ha aggiunto: “Questa è la nostra condizione umana. Non dobbiamo dire: copriamo, copriamo perché non si veda. I peccati pubblici sono pubblici e vanno condannati. Noi dobbiamo parlare chiaro su queste cose, non nascondere. Il lavoro contro gli abusi è una cosa che tutti noi dobbiamo fare (...) Sull’Abbé Pierre: non so quando il Vaticano è venuto a saperlo, io non ero a Roma e non mi è mai venuto di fare una ricerca su questo. Certamente dopo la morte, prima non so».

In quel “prima non so” Papa Francesco non smentisce affatto la possibilità che i crimini dell'Abbè Pierre fossero già conosciuti e presenti negli archivi vaticani o in quelli dell'episcopato francese. Francesco lascia volutamente una porta aperta. Il caso Abbè Pierre si sta effettivamente rivelando un terremoto di ampia portata per quello che potrebbe ancora affiorare. Per questo il presidente della Conferenza Episcopale Francese ha lanciato un appello a Roma ad aprire gli archivi per appurare se le violenze dell'Abbè Pierre fossero state segnalate negli anni dai vescovi, dai nunzi o dalle vittime.

Oggi è possibile identificare almeno 17 persone aggiuntive che hanno subito violenza del prete francese. La maggior parte di queste testimonianze menziona contatti "non richiesti sul seno", "baci forzati", ma anche "rapporti sessuali ripetuti con una persona vulnerabile", "atti ripetuti di altri rapporti completi" che esigeva da donne in difficoltà. I fatti risalgono a un periodo compreso tra il 1950 e il 2000, la maggior parte avvenuti in Francia, ma anche negli Stati Uniti, in Marocco e in Svizzera dove le vittime erano a contatto o erano volontarie della comunità di Emmaus.

La famiglia di una donna, oggi deceduta, ha riferito di essere stata "costretta a masturbarsi" nel 1956. Un'altra donna ha testimoniato di aver subito "contatti" indesiderati nel 1974 e nel 1975 in Île-de-France quando aveva tra gli 8 e i 9 anni. Secondo un'altra testimonianza, l'abate Pierre avrebbe anche imposto contatti fisici indesiderati nel 1951, quando era deputato all'Assemblea nazionale. I vescovi francesi hanno espresso il loro dolore e la vicinanza alle vittima, tuttavia finora nessuno è mai voluto entrare nel merito e interrogarsi se la Chiesa era a conoscenza di questo orrore e mettere a disposizione i propri archivi diocesani per fare chiarezza. Una operazione necessaria negli archivi storici per non perdere la reputazione.

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