"Per tutti quelli che conoscono il Vangelo, è chiaro che dalla parola del Signore fu affidata la cura della Chiesa universale al santo apostolo Pietro, principe di tutti gli apostoli...Ecco egli riceve le chiavi del regno celeste; a lui è attribuito il potere di legare e di sciogliere; a lui sono affidati la cura e il primato su tutta la Chiesa, e tuttavia non è chiamato apostolo <universale>, ma il santissimo mio confratello nel sacerdozio, Giovanni ( Patriarca di Costantinopoli), fa di tutto per essere chiamato vescovo <universale>. Sono costretto a esclamare e a dire: O tempi, o costumi (O tempora,o mores)...Ecco, tutti siamo soggetti a scandalo per questo. Ritorni, quindi, sulla retta via l'autore dello scandalo e tutti i dissidi cesseranno. Io sono infatti il servitore di tutti i sacerdoti (Ego enim cunctorum sacerdotum servus sum = Ego servus servorum Dei sum)" (Lettere, V, 37. Città Nuova Editrice, Roma 1996, p.183.185-1869.
"Nessuno mai dei miei predecessori (vescovi di Roma) ha acconsentito ad usare questo vocabolo tanto profano (di <universale>), perchè - naturalmente - se uno si fa chiamare patriarca <universale>, viene ad essere diminuito, per gli altri, l'appellativo di <patriarca>. Ma lungi sia ciò, lungi dalla mentalità cristiana che qualcuno voglia attribuirsi ciò per cui si veda - per quanto in piccola parte - diminuito l'onore dei propri fratelli" (Lettere V, 41, Città Nuova Editrice, Roma 1996, pp.201-203).
Questi brani dell'epistolario di Gregorio Magno mi sono stati riportati alla mente dalle parole con cui Papa Francesco ha rivolto il suo primo saluto alla Chiesa di Roma scelta dal Signore - ha ricordato il nuovo Papa - a <presiedere nella carità> a tutte le chiese. Non si tratta in nessun caso infatti di <onori> quali che siano, ai quali darebbe diritto l'essere stati chiamati alla cattedra di Pietro ma di servizio e disponibilità totale verso tutti.
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