@ - Ad accogliere il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, giunto a Bruxelles per chiedere agli alleati della Nato di aumentare la loro spesa militare, ci sono le parole di Papa Francesco: «Mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2% del Pil per l'acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!». Si vis pacem para bellum, cioè l'idea che preparare la guerra sia la strategia indicata a perseguire la pace, è un motto latino tanto antico quanto lontano dalla mentalità di Jorge Mario Bergoglio, sempre più timoroso che si passi a un conflitto globale, a tutto campo, che potrebbe coincidere con la fine del mondo.
LA RESA DEI CONTI
Lo comunica alle partecipanti del Centro Femminile Italiano, affinché la sua analisi riecheggi nelle cancellerie europee, così come in quelle orientali, fino a Mosca, a Pechino e a Pyongyang: «Ma purtroppo questo è il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica. La storia degli ultimi settant' anni lo dimostra: guerre regionali non sono mai mancate; per questo io ho detto che eravamo nella terza guerra mondiale a pezzetti, un po' dappertutto; fino ad arrivare a questa, che ha una dimensione maggiore e minaccia il mondo intero.
Ma il problema di base è lo stesso: si continua a governare il mondo come uno "scacchiere", dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri». Se mercoledì, nella telefonata al presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva detto: «Capisco che desiderate la pace, che dovete difendervi», ieri a poche ore dalla consacrazione di Ucraina e Russia al Cuore Immacolato di Maria per chiedere la pace, Papa Francesco spiegava che il sostegno immediato non coincide obbligatoriamente con un riarmo prolungato. Semmai, a suo avviso, «la vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un'altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti, un mondo ormai globalizzato, e di impostare le relazioni internazionali».
SFORZI BELLICI - Pare che non lo ascoltino. Almeno a giudicare dalla convinzione con la quale il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, arrivando al Consiglio Ue a Bruxelles dopo i vertici Nato e G7, procede secondo quanto concordato: «Io ho ribadito l'impegno che hanno preso tutti gli altri governi nei confronti della Nato, quindi noi abbiamo questo impegno che è storico per l'Italia e noi continueremo a osservarlo». Sul fornire armi al popolo ucraino si è espressa anche la Cei, attraverso le parole di monsignor Stefano Russo: «Bisognerebbe arrivare a un disarmo totale e generale», ha dichiarato il prelato che ha anche sottolineato come questo «in questo momento, purtroppo, non sta avvenendo». Anzi, di fatto «il mercato delle armi alimenta le guerre, come più volte sottolineato da Papa Francesco. Bisognerebbe che tutte le nazioni prendessero questa decisione altrimenti ci troveremo sempre di fronte a queste crisi e al pericolo che queste crisi possano scoppiare», ha ribadito il segretario generale annunciando che la Cei sta pensando all'invio in Ucraina di «una delegazione di vescovi». Deciderà il cardinale Gualtiero Bassetti se e come esprimere quel «gesto di vicinanza concreto».
ACCUSE AL CREMLINO - In quel delicato gioco di equilibri, si inserisce anche L'Osservatore Romano con un editoriale del vicedirettore dei media vaticani Alessandro Gisotti che, a un mese dall'inizio del conflitto, ne attribuisce chiaramente la responsabilità al presidente russo Vladimir Putin, senza peraltro nominarlo, affermando che «appare ormai evidente che chi ha voluto questa guerra sconsiderata e ingiustificata non pensava di trovare un'opposizione così ostinata del popolo ucraino a cui l'Europa, e non solo, guarda con ammirazione per la forza che sta dimostrando nel difendere la propria libertà. Chi ha riportato di nuovo l'orrore della guerra nel Vecchio Continente, riteneva probabilmente che in pochi giorni la "questione" sarebbe stata risolta. Ha ignorato così, ancora una volta, la lezione della storia che tragicamente ci ricorda anche per le cosiddette super potenze - che una volta iniziata una guerra non si sa mai quando (e come) andrà a finire. L'unica certezza è che la vita delle persone è sconvolta per sempre». Al Cremlino suona come un'anàtema, l'annuncio di un giudizio divino, che prima o poi arriverà. Non solo la Chiesa cattolica, ma anche gli ortodossi ormai hanno isolato il Patriarcato di Mosca. Il metropolita georgiano Ioseb de Shemokmedi accusa di eresia ogni vescovo che sostenga l'invasione militare russa all'Ucraina. Ma anche fra il clero e i fedeli russi serpeggia il malcontento.
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