@ - C'era una volta il Regno Unito antipapista. Con il nuovo monarca è sempre più forte il legame al cattolicesimo e la presenza dell'inviato del Papa all'incoronazione lo dimostra.
Per la prima volta dallo scisma anglicano un vescovo cattolico ha partecipato attivamente ad una cerimonia di incoronazione di un monarca britannico. L'onore è toccato all'arcivescovo di Westminster, il cardinale Vincent Nichols. Il primate di Inghilterra e Galles, insieme ai ministri di altre confessioni cristiane, ha invocato la benedizione divina su Carlo III. Ma Nichols non era l'unico vescovo cattolico presente a Westminster, ex monastero da cui furono cacciati i benedettini nel XVI secolo.
L'inviato di Francesco
Oltre a Nichols che ha preso parte alla funzione con la benedizione e all'arcivescovo di Cardiff Mark O'Toole, il vescovo di Aberdeen Hugh Gilbert di Aberdeen e l'arcivescovo di Armagh Eamon Martin, hanno assistito all'incoronazione anche il nunzio apostolico in Gran Bretagna da poco nominato, monsignor Miguel Maury Buendía e soprattutto il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin. Se il primo ha presenziato come rappresentante diplomatico della Santa Sede, il secondo è atterrato a Londra per rappresentare il Papa. Inviando il suo numero due, Francesco ha voluto dare un altro attestato di grande importanza nei confronti del regno di Carlo III.
I due hanno avuto modo di incontrarsi a Roma in occasione della canonizzazione del cardinale John Henry Newman nel 2019 quando l'allora principe ereditario aveva scelto di rappresentare il Regno Unito nel giorno in cui era stato elevato agli altari il primo inglese dal 1976. L'ultimo, prima del famoso convertito, era stato il missionario gesuita John Ogilvie canonizzato da Paolo VI due anni prima della fine del suo pontificato.
Carlo e i Papi
Nei giorni della sua visita in Vaticano per la canonizzazione di Newman, l'allora principe Carlo aveva potuto stringere la mano a Francesco all'interno della basilica di San Pietro e si era complimentato con lui per il "grande successo" nella sua "battaglia per l'ambiente". La questione ecologica è infatti il tema che più lega il Pontefice argentino al monarca britannico, ora capo della chiesa anglicana. Ma Carlo aveva avuto modo di conoscere di persona anche Benedetto XVI nel 2009 in una visita privata in Vaticano con l'attuale regina consorte Camilla. Dopo la morte di Ratzinger, il re ha voluto rendere omaggio alla sua memoria ricordando i suoi "costanti sforzi per promuovere la pace e la buona volontà verso tutte le persone e per rafforzare il rapporto tra la comunione anglicana globale e la Chiesa cattolica romana". Nel 1985, invece, l'allora principe di Galles fu ricevuto in compagnia dell'allora moglie Diana da Giovanni Paolo II per un'udienza privata nella biblioteca del Palazzo Apostolico. In quell'occasione, lo Windsor regalò al Pontefice polacco del monaco anglosassone Beda il Venerabile vissuto prima dello scisma.
All'epoca si parlò anche di un'iniziale disponibilità dei due coniugi a partecipare ad una messa celebrata dal Papa che sarebbe stata ritirata in un secondo momento da Buckingham Palace. Una circostanza che però non trovò conferma ufficiale.
Il precedente
Se il cardinale Nichols è il primo dopo secoli a partecipare attivamente alla cerimonia, alla processione verso Westminster per l'incoronazione della regina Elisabetta II nel 1953 non era mancato un vescovo. Pio XII, infatti, scelse l'allora nunzio apostolico in Belgio (e poi in Portogallo), monsignor Fernando Cento, come inviato papale straordinario all'evento che si svolse il 2 giugno 1953. Il diplomatico venne poi creato cardinale nel 1958 da Giovanni XXIII. L'allora arcivescovo di Westminster, il cardinale Bernard Griffin, fu invitato a presenziare ma declinò l'offerta. Tuttavia, l'allora primate cattolico scrisse un messaggio ai fedeli accolse la richiesta di preghiere per lei pronunciata da Elisabetta II nel messaggio di Natale del 1952, informandoli che "la gerarchia di Inghilterra e Galles ha ordinato che i tre giorni prima dell'incoronazione siano osservati dai cattolici come un triduo di preghiera affinché Dio possa benedire Sua Maestà e il suo regno". Non solo: Griffin, d'accordo con gli altri vescovi cattolici locali, dispose che la comunità cattolica in Inghilterra e Galles si unisse in preghiera per la regina nella vigilia dell'incoronazione. A tal fine, furono celebrate in tutte le chiese del Paese messe segali come culmine del triduo. "Sarà il momento supremo in cui i cattolici di Inghilterra e Galles chiederanno la benedizione di Dio sulla regina", osservò il cardinale.
L'ex principe e il cardinale di Sua Maestà
Nel lungo regno di Elisabetta c'è stato un vescovo cattolico su tutti capace di guadagnarsi le simpatie della famiglia reale. Il suo nome era Basil Hume, arcivescovo di Westminster dal 1976 al 1999 creato cardinale da Paolo VI. Negli ultimi mesi di Montini, quando sui giornali già si parlava di Conclave, il porporato britannico veniva persino dato come papabile da una fonte autorevole come il New York Times per la sua forte sensibilità ecumenica. In realtà, poi, tutte le ricostruzioni sui due Conclavi del 1978 lo danno fuori dai giochi. In ogni caso, il benedettino Hume era talmente entrato nelle grazie degli Windsor che la regina era solito chiamarlo con affetto "il mio cardinale". Prima di morire di cancro, Hume ricevette da Elisabetta l'ordine al merito, una delle più alte onorificenze conferite dalla monarchia britannica. Come ha scritto The Guardian in occasione della morte avvenuta nel 1999, "la sua permanenza a Westminster ha visto il cattolicesimo accettato nell'establishment britannico a un livello raramente visto dai tempi della Riforma". Ed è vero. Anche l'attuale monarca stimava molto Hume e, non a caso, nel giorno del royal wedding del 1981 con Diana volle che il cardinale recitasse una preghiera ecumenica al termine del servizio religioso. In un certo senso, dunque, un'anticipazione di quanto poi è avvenuto ieri a Westminster con il cardinale Nichols.
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