Parco Archeologico Religioso CELio

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LECTIO DIVINA Gv 1, 35-39 P. Guido Innocenzo Gargano Camaldolese OSB

VITA CONSACRATA IN COMUNIONE
INCONTRO INTERNAZIONALE
(1 febbraio 2016)
LECTIO DIVINA
Gv 1, 35-39

P. Guido Innocenzo Gargano
Camaldolese OSB

Lettura del testo
LECTIO
1.       Siamo al terzo giorno della prima settimana proposta dal Vangelo secondo Giovanni. Ha un significato preciso questo riferimento al <giorno dopo> rispetto al giorno in cui il Battista aveva dichiarato con una certa solennità a proposito di Gesù che veniva verso di lui: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo?
2.       Probabilmente <Sì>. E forse il riferimento, nel nostro brano, a Gesù che passa (peripatounti) potrebbe essere una indicazione preziosissima riferita al come quello stesso <agnello di Dio>, al quale il Battista aveva fatto riferimento il giorno precedente, avrebbe <tolto il peccato del mondo>. E cioè compiendo con tutto se stesso il <passaggio pasquale> strettamente connesso all’agnello sacrificato nella notte di Pasqua (notte del passaggio) il cui sangue avrebbe garantito la protezione dall’angelo sterminatore e dunque la vita.
3.       Aver intuito questo, grazie all’insegnamento ricevuto da Giovanni Battista, del quale erano stati discepoli fino a quel momento, ha permesso ai due discepoli di Giovanni di condividere lo stesso sguardo penetrante (anablepsas) che aveva convinto il loro maestro e lo aveva spinto a riconoscere in Gesù <l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo>.
4.       Il giorno precedente il Battista aveva detto però anche un’altra cosa molto importante, che si riferiva alla relatività della sua persona e del suo insegnamento – sintesi di tutto ciò che noi identifichiamo con il mistero globale di Israele – quando aveva chiarito di essere stato inviato da Dio <perché egli (Gesù) fosse fatto conoscere (nella sua ultima identità) a Israele>, popolo al quale appartengono appunto i due suoi discepoli.
5.       Da qui l’importanza di ciò che Giovanni Battista ribadisce <il giorno dopo>, cioè questo nostro giorno richiamato dal brano, relativamente a Gesù che <sta passando come agnello di Dio>, con tutto il riferimento pasquale suggerito dal verbo <passare>; ma da qui anche il senso da dare alla decisione presa dai due discepoli di Giovanni i quali, sentendo parlare così il loro maestro si incollano (ekolouthesan) immediatamente a Gesù, decidendo di seguirlo.
6.       Il gesto immediato e spontaneo dei due discepoli che avevano capito molto bene l’insegnamento ricevuto dal Battista, stupisce Gesù al punto che non può fare a meno voltarsi indietro (strapheis) verso di loro, pieno appunto di stupore. Uno stupore non molto diverso da quello che – si racconta nei vangeli – aveva provato di fronte a situazioni simili.
7.        Significativa è, per esempio, la presenza dello stesso verbo nella stessa forma participiale (voltatosi – strapheis) in Mt 9,22 con riferimento alla donna emorroissa che gli aveva strappato la guarigione della sua malattia, oppure in Lc 7, 9 in cui si dice a proposito del centurione che Gesù <restò ammirato> delle parole del militare che aveva dimostrato di credere fermamente nella forza della parola di Gesù per cui <rivoltosi – strapheis> verso la folla lo aveva additato come esempio di una fede così grande che non l’aveva ritrovata neppure in Israele>.
8.       Gli evangelisti conoscono anche uno stupore diverso, e diremmo negativo, che prova Gesù quando si accorge di avere a che fare con gente che fa enorme fatica ad avere una corretta visione della sua messianicità. In Mc 8,33 Gesù <voltatosi di scatto – epistrapheis> sembra voler fulminare con lo sguardo Pietro per la sua incapacità ad accettare che l’identità di Gesù-Messia debba passare attraverso la prova della croce. E in Lc 9, 55 lo stesso participio <voltatosi – strapheis> viene utilizzato quando Gesù rimprovera aspramente i suoi apostoli Giacomo e Giovanni che vorrebbero chiedere il fuoco dal cielo per punire i Samaritani che si sono rifiutati di dare ospitalità a Gesù nel loro villaggio per il semplice motivo che era diretto con i suoi discepoli verso Gerusalemme.
9.       La presenza dei questo participio <voltatosi-strapheis>, sempre con riferimento a Gesù può indicare però anche una particolare attenzione e intimità di Gesù  stesso nei confronti dei suoi discepoli per evidenziarne la beatitudine riservata loro dal Padre, come per esempio in Lc10, 23 in cui si legge che <voltatosi –strapheis> verso i discepoli che aveva raccolto in intimità <kat’idìan>, diceva loro: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete…”.
10.   Piena di misteri, direbbero i Padri della Chiesa, è poi la presenza del participio <voltatosi>, ma al femminile <voltatasi – strapheisa> nel Vangelo di Giovanni dove, a differenza di ciò che fa abitualmente l’evangelista Luca, che collega sempre il <voltatosi - strapheis> a Gesù, cambia soggetto di riferimento e lo riferisce, per esempio in Gv 20, 11-18, a Maria di Magdala rivelando implicitamente che Gesù, risorto e ritrovato nel nuovo Giardino che è insieme quello di Eden e quello del Cantico dei Cantici, deve aver avuto con lei in passato, e di volerne dimostrare la presenza anche al presente, un rapporto tenerissimo con lei così come risulta chiaramente dal suo chiamarla, in modo assolutamente unico, per nome: Maria. Cui però aggiunge, appunto perché lo ha riconosciuto soltanto dopo essersi <voltata – strapheisa>, che adesso potrà vivere quegli stessi sentimenti solo trasfigurandoli, come lasciano capire le parole misteriosissime che le rivolge: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre”, aggiungendo a questo suo modo nuovo di rapportarsi a lui una missione del tutto particolare così che il suo essere donna <gynai> si possa esprime anche nell’andare <dai miei fratelli>. Cosa  che Maria non mancò di fare immediatamente sua. E infatti l’evangelista scrive che “Maria di Magdala andò subito ad annunziare (aggellousa come fosse un angelo) ai discepoli: <Ho visto il Signore e anche ciò che le aveva detto”.
Meditatio
1.       La presenza di parole e sentimenti analoghi presenti sia nel nostro brano di riferimento (Gv 1, 35-39) sia, soprattutto, nel brano cui ci siamo riferiti all’interno dello stesso Vangelo secondo Giovanni (Gv 20,11-18) è davvero sconvolgente.
2.       Richiamo appena la presenza di parole come, per esempio: <voltatosi – strapheis> con riferimento a Gesù e <voltatasi – strapheisa> con riferimento a Maria di Magdala; <cosa cercate> detto da Gesù ai due discepoli di Giovanni e <chi cerchi> detta sempre da Gesù ma a Maria di Magdala; l’utilizzazione di una definizione di Gesù come <rabbi> oppure come <rabbunì> con la sottigliezza, nel caso di Maria di Magdala, di un riferimento alla possessività, e in tutti e due i casi con la preoccupazione di offrire subito la traduzione greca riduttiva a <didaskalos> - maestro>. Forse per evitare equivoci?
3.       Ma a questo va aggiunta anche la novità propria di Gv 20, 11-18 che rivela, con la missione affidata a una donna, una sensibilità maggiormente attenta alla dimensione propria della femminilità con tanto di presenza del vocabolo <gynai>, riferita in Gv 19 unicamente a Maria, la madre di Gesù, e in un contesto molto significativo, e infine anche quel <perché piangi?> , <chi cerchi?> che rivelano a loro volta tenerezza e un coinvolgimento emotivo da parte di Gesù.
4.       A tutto questo si deve aggiungere il contesto, comune all’uno e all’altro brano, che è quello della ricerca di qualcosa, o meglio ancora di qualcuno, che doveva stare molto a cuore ai protagonisti dell’uno e dell’altro brano da noi considerato.
5.       Tutto questo è evidente nel primo brano dove è Gesù stesso a chiedere <cosa cercate?>, ma lo è altrettanto nel secondo brano dove, sempre Gesù, chiede: <donna, chi cerchi?>. Nell’uno e nell’altro caso il clima di ricerca si intensifica con la richiesta fatta dai due nel primo brano: <Dove abiti?>, e forse ancora di più nel secondo brano dove Maria di Magdala grida sconsolata: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto” (Gv 20,1) e ancora così sconvolta che non pensa ad altro quando chiede al giardiniere: “Se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo” (Gv 20,15).
6.       La risposta che dà Gesù nel primo brano è immediata: “Venite e vedrete”. Ma, anche nel secondo brano, la risposta di Gesù è altrettanto immediata con quel suo: < Maria!>.
7.       In realtà l’evangelista sembra voler dire che in tutti e due i casi la parola chiave per poter passare dalla ricerca al ritrovamento si nasconde proprio in quel participio sul quale ci siamo fermati fino dall’inizio: <voltatosi –voltatasi –straheis – strapheisa>.
8.       Ma è proprio così? Forse sì, ma a condizione che resti il mistero della possibilità di un accostamento dei due testi compiuto in modo profondamente personale che potremmo lasciare intuire così: E’ possibile consumare l’amore voltandosi reciprocamente le spalle? Oppure è necessario <voltarsi> guardandosi direttamente faccia a faccia come l’amico di fronte all’amico e forse anche rendendosi conto, con purezza e semplicità di cuore, che solo denudandosi si può consumare l’amore?
9.       Ma dove è possibile che avvenga un incontro così delicato e misterioso ma anche così ineffabile e indicibile come può esserlo soltanto ciò che tutti noi chiameremmo mistero? La risposta della tradizione mistica cristiana è una sola: sul letto della croce.
10.   E proprio qui ci ha posti il nostro brano. Siamo partiti dal possibile di-svelamento del testo ottenuto con ciò che la tradizione ha chiamato da sempre una <Lectio Divina>, e siamo arrivati alla soglia di un mistero che sta oltre di noi e la nostra stessa comprensione.
Contemplatio
11.   Per concludere ruminiamo appena per un attimo le ultime parole del brano nel versetto di Gv 1,39:
Andarono dunque
E videro dove abitava
E quel giorno
Si fermarono presso di lui:
era circa l’ora decima.

Andarono dunque. Si mossero verso un di-svelamento? Oppure verso l’individuazione di un ulteriore velo che rimane perché comunque ci porterà solo verso la soglia del mistero che per natura sua è inaccessibile ad ogni comprensione umana?
Videro dove abitava. Sì, ma non ci viene data alcuna notizia precisa per riconoscere il luogo.
E quel giorno . Quale giorno? Quello della Pasqua? Cioè quello dell’agnello che toglie i peccati del mondo? Oppure il giorno successivo, che apre finalmente le porte segnate dal sangue dell’agnello immolato per correre subito fuori e attraversare il mare che si apre generoso verso la libertà di una nuova vita? Non ci viene detto, ma ci viene annunziato che quel giorno…forse è senza tramonto. Forse. Non è forse eterno l’amore? La fede e la speranza passeranno ma rimarrà l’amore – agape. Ce lo ha detto ieri Paolo in ICor 13, declamato durante la liturgia eucaristica della quarta Domenica per annum.
Si fermarono presso di lui. Dove? Sulla Croce!

Era circa l’ora decima.  Una indicazione che vorrebbe essere precisa, ma resta misteriosa nonostante tutto. Se Gesù <spirò all’ora nona>, come lasciano intuire i Sinottici e forse lo stesso Giovanni, l’ora decima dovrebbe essere allora quella del <costato trafitto> in cui viene data a tutti la possibilità di contemplare l’amore vissuto fino all’ultima goccia di sangue, e all’espulsione dell’acqua, così che da  questo fiume di misericordia infinita si riempia, come da fonte perenne, la vasca battesimale feconda di vita nuova per noi e per il mondo intero, ma venga data origine anche alla nuova Eva estratta dal costato del nuovo Adamo e preparata come  sposa pronta a celebrare in allegrezza le nozze dell’agnello immolato con gli invitati al banchetto voluto dal Padre e così dare inizio alla nuova umanità. 

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