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giovedì, gennaio 12, 2023

Padre Georg Gänswein: “Aborto, gender, caso Orlandi, documenti… Su Benedetto XVI e Francesco racconto nient’altro che la verità” – esclusivo

@ - Chissà se qualcuno si è pentito per aver deciso di diffondere i contenuti del libro intitolato Nient’altro che la Verità – La mia vita al fianco di Benedetto XVI proprio nei giorni del lutto del Papa emerito. Prima le anticipazioni di alcuni stralci, a poche ore dalla morte di Joseph Ratzinger, avvenuta il 31 dicembre scorso, e poi l’arrivo nelle librerie, il 12 gennaio, del volume hanno creato contrasti, malumori, critiche, polemiche in Vaticano e non solo. Il libro, scritto da monsignor Georg Gänswein, che è stato segretario di Ratzinger fin dal 2003, con il vaticanista Saverio Gaeta e pubblicato da Piemme, pare che inizialmente non avesse ancora una data di uscita definita. Poi, la morte del Papa emerito ha fatto propendere di andare subito alla stampa foto | video


LA SALUTE DI RATZINGER - Nelle memorie, monsignor Georg Gänswein racconta la sua esperienza accanto a Joseph Ratzinger dall’inizio alla fine. L’arcivescovo tedesco si sofferma anche sulle questioni di salute di Ratzinger: ricorda l’ictus del 1991, il pacemaker impiantato per stabilizzare il ritmo cardiaco prima nel 2003 e poi sostituito nel 2012 e nel 2022. Fa riferimento alla difficoltà di parlare del Papa emerito, negli ultimi anni, dovuta all’affaticamento polmonare. «Dio mi ha tolto la parola per farmi apprezzare sempre meglio il silenzio», aveva commentato a questo proposito Papa Benedetto. Si descrivono anche gli ultimi giorni di vita del Papa emerito e le ultime parole pronunciate, alle tre del mattino del 31 dicembre, e raccolte dall’infermiere presente: «Signore, ti amo». C’è la morte di Benedetto XVI, alle 9.34, e anche il suo testamento spirituale, steso il 29 agosto 2006.


DUE PAPI A CONFRONTO SU ABORTO E GENDER - Nel libro Nient’altro che la Verità – La mia vita al fianco di Benedetto XVI padre Georg parla anche di Bergoglio: elenca sensibilità pastorali diverse tra il Papa emerito e Papa Francesco, approcci differenti. Per esempio, sulla questione gender o sull’esortazione apostolica postsinodale di Bergoglio Amoris laetitia, del 2016, che conteneva aperture alla comunione ai divorziati risposati.

A proposito dell’esortazione apostolica, l’arcivescovo tedesco sottolinea che Papa Benedetto non comprendeva «il motivo per cui si era lasciata aleggiare in quel documento una certa ambiguità, consentendo interpretazioni non univoche». E annota anche che restò sorpreso dal silenzio di Papa Francesco sulla lettera dei Dubia (dove si ponevano domande critiche proprio sull’Amoris laetitia), inviata al Papa da quattro cardinali nel settembre 2016. A questo punto bisogna sottolineare che ufficialmente il Papa emerito non ha mai commentato le azioni pastorali di Papa Francesco. Ancora nel 2018 al suo biografo, Peter Seewald, disse che non avrebbe dato risposte ad alcune sue domande perché avrebbero «inevitabilmente rappresentato un’interferenza nell’operato dell’attuale pontefice. Ho dovuto evitare tutto ciò che va in questa direzione e voglio continuare a farlo». Lo riporta Seewald nella biografia Benedetto XVI – Una vita, pubblicata da Garzanti nel 2020.

Ora, nel libro Nient’altro che la Verità – La mia vita al fianco di Benedetto XVI, padre Georg rivela che quando Papa Francesco, sei mesi dopo l’elezione, rilasciò la sua prima intervista a padre Antonio Spadaro, direttore di La Civiltà Cattolica, mandò al Pontefice emerito una copia della rivista chiedendogli qualche commento. Il Papa Benedetto prese sul serio la richiesta e, dopo aver letto con attenzione l’intervista, essendo stato invitato a fare osservazioni critiche, mandò a Bergoglio una lettera articolata. Ratzinger, secondo quanto riportato dal suo segretario, scrive che ha letto «il testo con gioia e con vero guadagno spirituale e con un consenso completo». Poi annota: «In due punti vorrei aggiungere un aspetto complementare». Si tratta di aborto e omosessualità.
Sul primo tema, il Papa emerito fa riferimento ad alcune frasi di Bergoglio, quelle dove sostiene che «una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine… Dobbiamo trovare un nuovo equilibrio». Papa Benedetto, ricordando l’impegno pro vita di Wojtyla, dice di aver capito «che per Giovanni Paolo II questo non era moralismo, ma era la lotta per la presenza di Dio nella vita umana», annota. «Giovanni Paolo II, così ho imparato, aveva compreso che l’aborto e le forme di procreazione artificiale, di manipolazione e di distruzione di vite umane, erano sostanzialmente un “no” al Creatore». Insomma, la puntualizzazione c’è. Sull’omosessualità il Papa emerito esprime accordo con Bergoglio sulla necessità di trovare «l’equilibrio tra il rispetto della persona, l’amore pastorale e la dottrina della fede». Poi fa un’analisi, citando Sartre, sulla filosofia del gender nell’accezione secondo cui «è la singola persona stessa che si fa uomo o donna». E qui, avverte Ratzinger, «si tratta di una radicale negazione del Creatore», ritrovando in questo «un pretesto per guerra ideologica». Conclude poi: «Perciò, la resistenza forte e pubblica contro questa pressione è necessaria. Dobbiamo realizzare questa resistenza senza perdere nella vita pastorale l’equilibrio tra amore del pastore e verità della fede».

Padre Georg sostiene di ignorare la reazione di Bergoglio a queste osservazioni di Ratzinger. E aggiunge: «Tuttavia, richieste specifiche di osservazione in merito a questi testi non sono più giunte».
Il racconto-confronto tra “i due papi” riporta anche che alcune affermazioni di Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, del 2013, «suonarono estranee alla sensibilità teologica di Benedetto». Il riferimento era alla ricerca ipotizzata da Bergoglio di trovare nuove forme «per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione». In questi brani si evidenzia una visione che rimanda all’antica contrapposizione tra conservatori e progressisti.


LA MESSA IN LATINO - Padre Georg cita anche il motu proprio Traditionis Custodes di Papa Francesco, del 16 luglio 2021, riguardante la celebrazione della messa in latino. «Quando gli chiesi un parere, mi ribadì che il Pontefice regnante ha la responsabilità di decisioni come questa e deve agire secondo ciò che ritiene come il bene della Chiesa», riferisce monsignor Georg Gänswein. «Ma, a livello personale, riscontrò un deciso cambio di rotta e lo ritenne un errore poiché metteva a rischio il tentativo di pacificazione che era stato compiuto quattordici anni prima. Benedetto in particolare ritenne sbagliato proibire la celebrazione della messa con rito antico nelle chiese parrocchiali, in quanto è sempre pericoloso mettere un gruppo di fedeli in un angolo, così da farli sentire perseguitati e da inspirare in loro la sensazione di dover salvaguardare a ogni costo la propria identità di fronte al “nemico”».

Prefetto dimezzato
Monsignor Georg Gänswein nel libro annota e registra anche incomprensioni e retroscena. Rivela di essersi sentito un «prefetto dimezzato», quando Bergoglio, a fine gennaio 2020, lo allontanò dalla guida della Prefettura pontificia (anche se formalmente è rimasta l’appartenenza al ruolo). «Rimasi scioccato e senza parole», scrive. E riferisce sulla questione le parole del Papa emerito: «Sembra che Papa Francesco non si fidi più di me e desideri che lei mi faccia da custode».

Questa contrapposizione tra Bergoglio e Ratzinger, che nei quasi 10 anni vissuti da Pontefice emerito nel Monastero Mater Ecclesiae, vicino a Casa Santa Marta, dove abita Papa Francesco, è stata spesso messa in campo. Ma nei giorni del lutto ha generato stupore e disappunto.

Nelle 336 pagine del volume compare spesso la distanza tra padre Georg e Bergoglio. «La speranza di Benedetto che io sarei stato l’anello di collegamento tra lui e il successore fu un po’ troppo ingenua poiché, già dopo qualche mese, ho avuto l’impressione che tra me e il nuovo Pontefice non si riuscisse a creare l’opportuno clima di affidamento, necessario pe poter portare avanti in modo adeguato un tale impegno», lamenta l’arcivescovo tedesco. E sostiene che a fine 2017, quando riceve la conferma quinquennale, a capo della Prefettura pontificia, ciò avviene essenzialmente per rispetto verso la nomina fatta da Benedetto XVI. «Fin dall’inizio ero scavalcato e Papa Francesco prendeva accordi direttamente con il mio vice, il reggente Leonardo Sapienza», scrive.

Si evidenzia un rapporto complesso, culminato in due episodi, due polemiche molto mediatiche, che forse è necessario ricordare.

La prima porta al marzo 2018, quando il Papa emerito era stato invitato a sostenere con un commento la pubblicazione, da parte della Libreria editrice vaticana, di una collana teologica bergogliana. Ma Ratzinger declinò, per la presenza di alcuni teologi che erano stati critici verso il suo pontifica­to. Si generarono in­comprensioni che portarono alle dimissioni di monsignor Da­rio Viganò dal ruolo di Prefetto della Segreteria per le comunicazioni e uomo chiave della riforma dei media vaticani in quel periodo. Viganò, in questa situazione era stato contrapposto a Gänswein e “costretto a sacrificarsi”.

Successivamente, nel gennaio 2020 la pubblicazione del volume Dal profondo dei nostri cuori, dedicato alla difesa del celibato dei sacerdoti uscito prima in Francia a doppia firma, Be­nedetto XVI e cardinale Robert Sarah, apparve come un’invasione di campo verso il ministero di Papa Francesco. Bergoglio stava preparando l’Esortazione apostoli­ca sul Sinodo sull’Amazzonia dell’ottobre 2019, quando i vescovi, con 128 sì e 41 no, si erano espressi sulla possibilità di ordinare sacerdoti diaconi perma­nenti sposati (era la prima volta che in un documento della Chiesa cattolica si parlava di preti sposati, e il celibato, anche se non è un dogma, è una disciplina millenaria della Chiesa latina). Dopo quest’ultimo episodio, padre Georg fu allontanato dalla Prefettura pontificia.


I DOCUMENTI DA DISTRUGGERE E IL CASO ORLANDI - Nel libro Nient’altro che la Verità – La mia vita al fianco di Benedetto XVI, monsignor Georg Gänswein riferisce anche degli scritti del Papa emerito e dice di aver ricevuto indicazioni precise: «I fogli privati di ogni tipo devono essere distrutti. Questo vale senza eccezioni e senza scappatoie». Padre Georg lo dice nel ruolo di esecutore testamentario di Ratzinger.

Durante i funerali di Benedetto XVI in piazza San Pietro, lo scorso 5 gennaio, non sono mancati cartelli e invocazioni “Santo subito”. A questo proposito, nel suo libro di memorie padre Georg esprime la sua opinione su una eventuale causa di beatificazione e canonizzazione del Papa emerito. «Non ho dubbi sulla sua santità, però ben conoscendo anche la sensibilità espressami privatamente da Benedetto XVI, non mi permetterò di fare alcun passo per accelerare un processo canonico», scrive nel libro. «Il mio suggerimento sarà piuttosto di lasciar sedimentare tutte le questioni sorte in tanti anni di vita, e particolarmente nel periodo di pontificato e di emeritato, in modo che il giudizio sulle virtù eroiche di Joseph Ratzinger – che io reputo indiscutibili – possa essere totalmente cristallino e ampiamente dimostrato e condiviso».

Padre Georg, tra temi di dottrina e pastorale, racconta molto ancora. Anche di misteri e scandali.
Su Emanuela Orlandi, scomparsa a 15 anni nel 1983, e mai ritrovata, dice: «Io non ho mai compilato alcunché in relazione al caso Orlandi, per cui questo fantomatico dossier non è stato reso noto unicamente perché non esiste». Ancora oggi la scomparsa della cittadina vaticana è un giallo. Monsignor Gänswein affronta anche la vicenda di Vatileaks e argomenti meno complicati. Tra questi c’è anche il film I due papi, del 2019. Rivela che quando si girò a Roma, Anthony Hopkins, l’attore che aveva il ruolo di Ratzinger nella storia, aveva chiesto di incontrare il Papa emerito. Ma si decise di no per non dare un’interpretazione implicita di approvazione alla sceneggiatura, che, sottolinea l’arcivescovo tedesco, «propone come vere vicende mai avvenute». La ricerca della verità è sempre complessa. C’è quella “Verità” scritta con la maiuscola, come nel libro di monsignor Georg Gänswein. E c’è quella di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI che l’aveva eletta filosoficamente e teologicamente progetto e meta nel suo motto: Cooperatores veritatis, ovvero collaboratori della verità.

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