"Quando l'animo ha la sensazione di intravedere con lucidità qualcosa che sta per accadere (quasi ventura animus conspicit), concentra in questo tutto il tempo a disposizione. Viene afferrato da una grande tensione, il sonno se ne va e la notte si trasforma in giorno; e succede così che, mentre il corpo, apparentemente tranquillo, è disteso sul divano, nel foro interno del cuore si discute gridando a più non posso (sopor fugit, nox in diem vertitur; et cum quieta foras membra lectulus teneat, intus magnis clamoribus in cordis foro litigatur). Spesso però non accade proprio nulla di ciò che si prevedeva e che aveva afferrato il pensiero e la concentrazione e tutto svanisce senza lasciar traccia. In realtà l'attenzione si distoglie tanto più facilmente da ciò che è necessario, quanto più ampiamente si dedica a fantasticare (Tanto autem longius mens a necessariis cessat quanto inania latius cogitat)".
Commento morale a Giobbe, I, II 75. Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 225.
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