"L'ira colpevole acceca l'occhio
della mente, l'ira che nasce dallo zelo la turba (Ira quippe per vitium
oculum mentis excaecat, ira autem per zelum turbat)...E infatti lo zelo per
la rettitudine, agitando l'animo con l'inquietudine, ne oscura subito la vista,
impedendole per l'emozione di vedere quelle cose più elevate che prima, quando
era tranquilla, vedeva chiaramente... Quando l'animo è mosso dallo zelo occorre
però stare molto attenti che l'ira, posta a servizio della virtù, non domini la
mente diventandone la padrona (curandum summopere est ne haec eadem quae
instrumento virtutis assumitur, menti ira dominetur, ne quasi domina praeeat).
Rimanga invece serva sempre pronta agli ordini della sua padrona e non si
allontani mai dalle ragione, perché solo se rimane soggetta alla ragione, potrà
erigersi con vigore contro i vizi (tunc enim robustius contra vitia
erigitur, cum subdita rationi formulatur)".
Commento morale a Giobbe, I, V, Città Nuova Editrice/1, Roma 1992,
pp. 469-471.
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