"Dobbiamo adesso esercitare molte
virtù che non sarebbero state necessarie in paradiso. Infatti occorre la virtù
della pazienza, occorre il faticoso apprendimento della dottrina, la
mortificazione del corpo, l'assiduità della preghiera, la confessione delle
colpe, l'abbomdanza delle lacrime, cose tutte di cui certo non aveva bisogno
l'uomo appena creato, perché al momento stesso della sua creazione ricevette il
beneficio della salvezza. Al malato si porge la medicina amara affinché,
eliminata la malattia, possa ritornare allo stato di salute, ma a chi è sano
non si prescrive alcuna medicina perché guarisca, ma si raccomanda che si
riguardi per non ammalarsi (Aegro quippe amarum poculum porrigitur, ut ad
salutis statum morbo sublato revocetur. Sano autem nequaquam praecipitur quid
accipiat ut convalescat, sed a quibus caveat ne languescat)".
Commento morale a Giobbe, VI, XXXV, 44. Città Nuova Editrice 1/4,
Roma 2001, p. 797.
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