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lunedì, giugno 23, 2025

Khamenei taglia tutti i contatti: è nascosto da quattro giorni. Lite ai vertici sulla risposta agli Usa

@ -  L’ayatollah in silenzio nel bunker. Anche Rouhani e Larijani non riescono a raggiungerlo.


Con voce calma e rassicurante, davanti a una folla di fedeli, Ali Khamenei pronuncia: «La mia vita non ha alcun significato. Anche se mi uccideranno, non consideratelo una perdita, finché rimanete saldi ai principi dell’Imam Hussain. Stiamo vincendo questa guerra finché non ci inchiniamo davanti al potere e all’avidità». È un video molto condiviso dai pochi sostenitori del regime che lo postano per dimostrare a chi non ci crede, che il barbuto leader di 86 anni è un uomo coraggioso, pronto a tutto per il suo Paese. Gli oppositori rispondono con centinaia di commenti a tratti ironici, a tratti furiosi. «È così eroico che nemmeno i suoi sanno dove si trovi», scrive una ragazza. «Nascosto sotto terra come i vermi, mentre il popolo viene bombardato e non ha rifugi dove fuggire dalla morte», risponde un uomo.


Il bunker
È quattro giorni che si sono perse le tracce del leader supremo. Si sa che è in un bunker segreto e che con lui c’è la sua famiglia. Si sa che non sta usando alcun dispositivo per comunicare con l’esterno per non essere rintracciato dal nemico. Il New York Times racconta che il religioso avrebbe vietato tutte le comunicazioni elettroniche e parlerebbe con i suoi comandanti tramite un «collaboratore di fiducia» per paura di essere assassinato in stile Hassan Nasrallah. Il secondo fronte della guerra, rappresentato dalle infiltrazioni del Mossad, l’intelligence d’Israele, rende paranoici tutti gli uomini della Repubblica islamica. I media di Stato lanciano un allarme alla popolazione: attenzione al rischio di tracciamento dei cellulari. Spiegano che l’esercito israeliano avrebbe sfruttato il monitoraggio dei telefoni per localizzare gli obiettivi — gli uomini — da eliminare, come gli scienziati nucleari. Questo sarebbe il motivo per cui da giorni l’Iran è isolato e senza Internet. Dicono le autorità di aver staccato la spina «per proteggere gli iraniani». Affermazione messa in dubbio da molti cittadini, il sospetto e la diffidenza degli ayatollah, come sempre, si ritorce contro il popolo: «I checkpoint sono triplicati, così come gli arresti. Hanno appena impiccato un altro ragazzo con l’accusa di essere una spia d’Israele», ci scrive uno studente di Teheran.

Il silenzio
Si è già parlato del fatto che né il presidente cosiddetto moderato Masoud Pezeshkian, né il ministro degli Esteri Abbas Araghchi sono riusciti a mettersi in contatto con l’ayatollah. Questo silenzio sarebbe il motivo per cui venerdì è saltato l’incontro segreto con i funzionari statunitensi a Istanbul. Con il senno di poi, forse l’ultima possibilità che Donald Trump avrebbe potuto dare alla diplomazia, prima di schiacciare il bottone «guerra». Due fonti interne rivelano a un giornale iraniano che anche altre figure di spicco, come l’ex presidente Hassan Rouhani, l’ex presidente del parlamento Ali Larijani e l’ex capo della magistratura Sadegh Larijani, avrebbero provato invano a raggiungere Khamenei. Il Corriere non può confermare autonomamente queste affermazioni, ma se non sono speculazioni o propaganda, confermerebbero un silenzio che rischia di destabilizzare. Anche se, come antidoto alla crisi, negli ultimi giorni l’ayatollah avrebbe indicato tre nomi come suoi successori.

La risposta agli Usa
«Se oggi, davvero, nessuno è in contatto con il leader, è un problema per il regime», racconta al Corriere Saeid Golkar, esperto iraniano e advisor della United Against Nuclear Iran. «Ci sono delle decisioni importanti da prendere. Può intervenire il Consiglio supremo per la sicurezza nazionale, ma di solito è Khamenei a dettare la linea. La leadership sta litigando sulla scelta di come rispondere agli Usa. Gli intransigenti vogliono un atto forte, i tradizionalisti e i riformisti pensano invece sia meglio attendere o optare per un’azione simbolica», come è successo dopo l’uccisione del generale Qasem Soleimani, dove colpirono due basi americane in Iraq ma non ci furono vittime. Sempre sulla stampa iraniana, si legge che in questo momento d’incertezza, c’è chi sta cercando di prendere spazio. Si fa il nome di Ali Larijani, che starebbe giocando la carta del «salvatore dell’Iran», pronto per la scalata, nel caso Khamenei venisse eliminato.

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