@ - All’Urbi et Orbi di Natale, Papa Francesco ha denunciato ancora una volta lo scandalo delle spese per gli armamenti in un mondo dove la gente muore ancora di fame.
La corsa al riarmo ha raggiunto livelli record, mentre le organizzazioni umanitarie fanno sempre più fatica a reperire fondi. Risuonano particolarmente attuali le parole di Madre Teresa che così ammoniva i Potenti della Terra: “Non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace”.
«Datemi due bombardieri. Con il loro costo curerò tutti i malati di lebbra». Era il 1955 quando Raoul Follereau lanciava questo accorato e provocatorio appello a Stati Uniti e Unione Sovietica. Sottolineava così l’immorale sproporzione delle spese per le armi rispetto ad una battaglia di civiltà come la lotta contro il morbo di Hansen. Sono passati 70 anni, la Guerra Fredda è finita da un pezzo, la lebbra ancora miete vittime in molte aree del pianeta ma — come instancabilmente sta denunciando Papa Francesco – la corsa agli armamenti non solo non si è arrestata, ma ha accelerato la sua folle velocità.
A dare ragione al Pontefice sono i dati ufficiali raccolti nel Rapporto SIPRI, l’Istituto internazionale di ricerca per la pace fondato nel 1966 a Stoccolma. In attesa di quelli per l’anno in corso, che difficilmente potranno essere in flessione vista l’escalation bellica in Medio Oriente che si aggiunge al conflitto in Ucraina, sono già allarmanti quelli relativi al 2022. Un anno che ha visto la spesa militare mondiale arrivare alla cifra record di 2.240 miliardi di dollari (Usa, Cina e Russia i maggiori investitori, mentre per la prima volta in Europa si è speso in armamenti più che ai tempi della Cortina di Ferro). Per dare un’idea, si tratta di una cifra mille volte superiore al bilancio complessivo della Croce Rossa Internazionale con i suoi 20 mila operatori nel mondo.
L’organizzazione umanitaria con sede a Ginevra ha annunciato nei mesi scorsi un taglio di personale dovuto ad un calo nelle donazioni. Destino purtroppo comune a molte Ong e associazioni caritative in questi ultimi anni. Dunque, mentre aumentano esponenzialmente i bilanci per la produzione e vendita delle armi, calano i fondi a disposizione di chi vorrebbe impegnarsi per il bene altrui. Un combinato disposto drammatico che evidenzia come l’affare della guerra sia a spese degli innocenti e anche di chi questi innocenti vorrebbe salvare. «La guerra — è stato il richiamo di Francesco all’udienza generale del 29 novembre scorso — sempre è una sconfitta, tutti perdono. Tutti no, c’è un gruppo che guadagna tanto: i fabbricatori delle armi. Questi guadagnano bene, sopra la morte degli altri». Denuncia forte. E tuttavia andrebbe rammentato che, già nel 1961, il presidente statunitense Dwight Eisenhower — non certo un pacifista, avendo da generale guidato gli Alleati alla vittoria conto il nazismo in Europa — metteva in guardia dal “complesso militare-industriale” e dalla sua indebita ingerenza nelle scelte della politica americana in senso militarista.
«Il continuo aumento della spesa militare globale negli ultimi anni — ha osservato Nan Tian, ricercatore del SIPRI — è il segno che viviamo in un mondo sempre più insicuro. Gli Stati stanno rafforzando la potenza militare in risposta a un ambiente di sicurezza in deterioramento, che non prevedono in miglioramento nel prossimo futuro». Un tragico circolo vizioso tante volte denunciato dal Papa. «Per dire “no” alla guerra — ha detto il giorno di Natale — bisogna dire “no” alle armi. Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà». Le conseguenze, tanto paradossali quanto nefaste, sono sotto gli occhi di tutti: ci si arma per sentirsi più sicuri e come risultato il mondo è sempre più insicuro.
La gente «non vuole armi, ma pane», ha detto ancora Papa Francesco nell’Urbi et Orbi natalizio. Parole che sembrano idealmente riprendere quelle di Madre Teresa di Calcutta quando, nel 1979, ricevette il Premio Nobel per la Pace. «Nella nostra famiglia — avvertì rivolgendosi ai Potenti della Terra — non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri». Stare insieme: quel sogno di fraternità universale che Francesco, come il Santo di cui porta il nome, invoca e testimonia come unico antidoto allo “spirito di Caino” che purtroppo, anche in questo 2023, ha seminato morte e distruzione.
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