"Le Parole della Scrittura santa sono cibi divini (divinae epulae sacri eloquii verba sunt). Perciò se le leggete con assiduità (si igitur assidue legitis) e, quasi assaporando una gustosa selvaggina, partite dall'esterno del testo per attingerne l'interiorità (si exemplum ab exterioribus trahentes interna penetratis), sarete in grado di saziare il vostro stomaco spirituale (ventris mentem repletis) e così annunziare al figlio, cioè al popolo che vi è stato assegnato, le realtà future (suscepto videlicet populo possitis ventura nuntiare). Tenete conto però che chi parla in nome di Dio vedrà annebbiarsi il panorama di questo mondo (sed iam de hoc saeculo caligat, qui de Deo aliquid prophetat). Infatti è giusto che veda indebolirsi la concupiscenza colui che sperimenta, nella sua intimità, lo splendore dell' intelligenza spirituale (per concupiscentiam minus videat, cuius sensus per intellegentiam intus coruscat)".
(Lettere, II, Editrice Città Nuova, Roma 1996, p. 351).
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