" E' superbo colui che se potesse evitare la pena, non lascerebbe il peccato (Superbit quippe, qui peccatum, si liceat non puniri, non deserit)...Quando la colpa comincia a diventare abitudine, si pasce, o di una falsa speranza nella misericordia divina, o dell'evidente miseria della disperazione, così da rendere impossibile la conversione (ut eo nequaquam ad correctionem redeat), in quanto o si crea un suo creatore buono in senso sbagliato o ha paura in modo sbagliato di ciò che ha fatto (qui vel factorem suum pium sibi inordinate simulat, vel hoc quod fecit inordinate formidat)".
Commento morale a Giobbe, I, IV, Città Nuova Editrice/1. Roma 1992, p.353.
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