"Ci sono peccati che i giusti possono evitare e ci sono alcuni peccati che neppure i giusti riescono ad evitare. Chi infatti, finché rimane in questa carne corruttibile, non lascia andare il cuore a qualche pensiero riprovevole, anche se non precipita nella fossa del consenso? Eppure anche il solo pensiero cattivo è peccato. Ma se l'animo resiste al pensiero, non dovrà rimanere confuso (Sed dum cogitationi resistitur, a confusione sua animus liberatur). L'anima dei giusti dunque, anche se libera dall'azione cattiva, tuttavia qualche volta cade nel pensiero cattivo. E scivola nel peccato anche se cede soltanto col pensiero; in compenso però non ha poi motivo di rimproverarsi piangendo, perché si riprende prima di arrivare al consenso (in peccato labitur quia saltim in cogitatione declinatur; et tamen unde semetipsam postmodum flendo reprehendat, non habet, quia ante se reparat quam per consensum cadat). Con ragione quindi, chi si è confessato peccatore dichiara che il suo cuore non gli rimprovera nulla".
Commento morale a Giobbe, IV, XVIII, 11. Città Nuova Editrice/2, Roma 1994, p.637.
Una finezza da moralista davvero consumato!
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