Tutti sanno che Papa Gregorio si definiva <SERVUS
SERVORUM DEI> (cioè: Servo dei servi di Dio), ma pochi
conoscono il travaglio vissuto dal monaco Gregorio nell'accedere all'Ordine
Sacerdotale. Il brano di una sua lettera spedita all'amico
Leandro di Siviglia, che qui trascriviamo, fa capire qualcosa di
più non soltanto dell'animo di Gregorio, ma anche di quello che può
passare nell'animo di tanti altri che condividono con lui la stessa
sensibilità spirituale. Forse anche in quello del nostro Papa dimissionario
Benedetto XVI? Può darsi.
(Traduzione italiana, per le
Edizioni Città Nuova, di Emilio Gandolfo. Cfr Guido Innocenzo Gargano, Il libro la parola e la vita. L'esegesi biblica di
Gregorio Magno, Edizioni
San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2013, p. 20).
Ma ecco cosa scriveva Gregorio:
"Come spesso capita quando si scatena la tempesta, che
le onde strappino via una nave male ormeggiata anche dalla baia più sicura,
così bruscamente, col pretesto dell'ordine
ecclesiastico, mi ritrovai nell'alto mare degli affari temporali e
soltanto allora, dopo averla perduta, scoprii la pace del monastero che non
seppi difendere con sufficiente energia quando era il momento di tenerla
stretta. Per indurmi ad accettare il ministero del santo
altare si fece ricorso alla virtù dell'obbedienza ed io accettai nella
convinzione di servir meglio la Chiesa; adesso però, se ciò
non fosse colpevole, mi sotrarrei con la fuga. Più tardi, contro
la mia volontà e nonostante la mia resistenza, mentre già
sentivo il peso del ministero dell'altare, mi è stato
imposto anche il fardello della cura pastorale. Questo adesso lo
sopporto tanto più faticosamente in quanto, non sentendomi
all'altezza del compito, mi manca anche il respiro che viene dalla consolazione
della fiducia"
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