Parco Archeologico Religioso CELio

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mercoledì, settembre 11, 2013

TESTI E MASSIME DI GREGORIO MAGNO PAPA

"Siccome in una grande casa vi sono non solo vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di argilla, e alcuni di essi sono destinati a usi nobili, altri a usi vili (2Tim 2,20), chi può ignorare che in seno alla Chiesa universale alcuni sono assegnati, come vasi di uso vile, a compiti umili, mentre altri, come vasi d'onore, a compiti più elevati? E tuttavia molto spesso capita che dei cittadini di Babilonia siano costretti a servire a Gerusalemme e dei cittadini di Gerusalemme, cioè della patria celeste, siano costretti a servire a Babilonia (plerumque contingit ut et cives Babyloniae in angaria serviant Hierusalem et cives Hierusalem, id est caelestis patriae, in angaria deputentur Babyloniae). Quando infatti gli eletti di Dio, dotati di elevata condotta e ornati di umiltà - perché non ricercano il proprio vantaggio - sono assegnati a compiti terreni, che cosa sono se non cittadini della santa Gerusalemme costretti a servire a Babilonia? E quelli sfrenati nella condotta, che, occupando posti assegnati all'Ordine sacro, ricercano la propria lode anche nelle cose in cui sembrano operare bene, che altro sono se non cittadini di Babilonia costretti a servire nella Gerusalemme celeste? ... Tuttavia la buona reputazione di chi non mi è dato vedere di persona mi dà comunque tanta gioia al cuore  (eius tamen quem videre me non licet, bona me pascit opinio). La donna del vangelo, quella che ruppe il vaso di alabastro e riempì la casa di profumo, fu prefigurazione della santa Chiesa e di tutti gli eletti. Infatti anche noi, tutte le volte che ascoltiamo qualcosa riguardo ai buoni, respiriamo quasi con le narici un soffio leggero di soavità. L'apostolo Paolo, che diceva di se stesso: siamo il buon odore di Cristo (2Cor, 2,15) e si presentava ai presenti come sapore e agli assenti come odore, ci ha fatto capire che anche noi, che non possiamo sempre assaporare la presenza di una persona buona, dobbiamo nutrirci del profumo della sua assenza attraverso il ricordo (qui praesentiae saporem non possumus, per odorem assentiae nutrimur)".

(Lettere, VIII, 33. Città Nuova Editrice, Roma 1998, p. 93. Con qualche lieve ritocco).


L'<angaria> di cui parla Gregorio si riferisce alla sua situazione personale. Si è infatti trovato a doversi dedicare alle cose della terra, perché costretto ad amministrare la Chiesa, nonostante che avesse desiderato di dedicarsi unicamente allo studio e alla meditazione delle cose celesti in monastero! 

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