"C'è chi è dotato di spirito
profetico con la prescienza che gli mostra il futuro come fosse già presente.
Ma siccome spesso in molte cose viene innalzato sopra se stesso (saepe et in
multis super semetipsum tollitur) perché contempli veramente il futuro,
fidandosi troppo di sé, crede di possedere sempre lo spirito di profezia che
invece non si può sempre avere; crede che tutto quello che gli viene in mente
sia profezia, perché se lo l'attribuisce anche quando non ce l'ha (omne quod senserit prophetiam putat,
quia sibi hanc et cum non habet tribuit), e così, anche se lo ha avuto, lo
perde. Torna perciò triste al di sotto dei meriti degli altri, lui che prima,
nella considerazione di tutti, era al di sopra (sicque fit ut inde post
aliorum merita tristis redeat, unde aestimatione omnium laetus praeibat).
E' quindi una tentazione la
vita dell'uomo sulla terra, o perché, priva di virtù, non può giungere al
premio del paradiso, o perché, pur dotata di doni spirituali, va miseramente in
rovina, a causa delle sue stesse virtù (deterius ex occasione virtutum ruit)".
Commento morale a Giobbe, II, VIII, 10, Città Nuova Editrice/1,
Roma 1992, p.617.
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